Il giro di Italia attraverso i circoli vuole raccontare una realtà costitutiva delle Acli in profonda trasformazione e che, territorio per territorio, si declina in modo differente e specifico.
Cosa è un circolo di persone? È un’associazione. Un gruppo di persone che si mettono assieme con alcune caratteristiche:
– Vivere uno spazio e un’azione non individuale.
– Scegliere il metodo democratico, anche oggi, come modo per fare sintesi delle idee, selezione di chi si assume una responsabilità.
– Essere radicato in un territorio e nelle sue relazioni.
– Non perseguire scopo di lucro.
– Mettere in atto qualche azione che abbia un’utilità sociale ed un interesse generale. La Costituzione dice che anche l’iniziativa privata non può essere in contrasto con l’utilità sociale, ma agli Enti di terzo settore è chiesto di più. È chiesto di averlo come priorità.
Cosa è un circolo Acli?
È tutto ciò che declina quanto sopra, impastandolo con la nostra identità di movimento sociale, democratico, educativo che, negli ultimi tempi, impasta le storiche fedeltà alla Chiesa, alla Democrazia e al Lavoro con un anelito di pace, lavoro e dignità e con la capacità di tessere reti ed essere parti di un sistema di welfare locale.
Sistema di welfare significa essere al centro di un insieme di iniziative, fatte per rispondere ai bisogni del territorio e dei lavoratori del territorio e delle loro famiglie, in primo luogo. Movimento democratico significa che tutti i lavoratori (in forma non individuale, per questo attraverso i circoli) sono chiamati a partecipare a definire il programma, la direzione, le sfide che questo movimento deve prendere.
Raccontare, da qui al congresso, un centinaio di circoli Acli, a partire dai primi 3 che sono già disponibili, ci permette di comprendere maggiormente le forme e le modalità della realtà associativa attuale. Ma ci permette anche di aprire uno squarcio sull’Italia, città ed aree interne, nord e sud, differenze che non sono fatte per essere separate ma intrecciate ed unite in una visione comune.
I circoli di lavoratori: cosa vuol dire essere “cellula base” delle Acli
I circoli esistono da quando esistono le Acli. Nella Acli della nascita, il circolo di lavoratori è la “cellula base” del movimento. I nuclei (aggregazioni nei luoghi di lavoro) sono il luogo dell’attività pre-sindacale e para-sindacale, ma tutto il resto è in capo al circolo, tanto è vero che è per lo più il circolo a promuovere la nascita di un nucleo sul proprio territorio e che il segretario del nucleo fa parte di diritto della commissione del circolo e non viceversa.
Perché questa centralità del circolo? Quando le Acli nascono, le fabbriche sono uno spazio già occupato dal sindacato, per non entrare subito in rotta di collisione meglio prenderla da un’altra parte. Ma ci sono anche motivi più profondi e che segnano lo sviluppo anche successivo, del circolo. Il circolo è sul territorio, in città, in paese. In uno spazio che va tra il campanile e la fabbrica. Il circolo rimanda ad un’idea di lavoratore che è prima di tutto persona, non funzione. Il circolo assegna, dalla nascita, lo spazio civico come orizzonte alle Acli. Lo fa già prima che l’ipotesi di sindacato unitario naufraghi e che ci si trovi a ridisegnarsi.
Il primo Circolo nasce a Roma, 15 soci, a Valle Aurelia. Accanto al circolo sorge una cooperativa di consumo. Il giornale dei lavoratori (primo organo di stampa aclista) registra l’apertura di un circolo a Molfetta (Bari) con un centro di assistenza profughi, prigionieri ed ex combattenti, un circolo a Frattamaggiore (Napoli) con la Befana per famiglie, 3 circoli a Taranto che organizzano corsi serali di taglio e cucito e avviano una cassa di risparmio. Il circolo di Jesi (Ancona) costituisce una filodrammatica di lavoratori e il circolo di Massa Marittima apre una palestra e una libreria circolante.
La varietà e specificità di ogni storia di circolo è tratto distintivo dalla nascita, non una deformazione successiva.
Il segretariato del popolo (esperienza mutuata dall’esperienza cattolico-sociale del periodo prefascista) è spesso la base di presenza solida sulla quale nasce, come logica conseguenza, il circolo di lavoratori. In una delle prime circolari del Patronato il segretariato del popolo viene definito “Punto di partenza e fulcro principale dell’azione sociale” con l’addetto sociale che agisce “Un rapporto umano, non solo tecnico o burocratico, che si sviluppa attorno ad una pratica”. Nel 2022 poi l’addetto sociale si trasforma in Promotore sociale, per andare a rappresentare, già dal nome, la consapevolezza di un ruolo che gli deriva da quello che sfocia nella riforma del Patronato da un lato (legge 152 del 30 marzo 2001) e dalla legge sulle associazioni di promozione sociale dall’altro (7 dicembre 2003 n. 383).
Ma tornando alla nascita, qualche volta i circoli nascono da zero, qualche volta arrivano per trasformazione di preesistenti vecchi circoli cattolici, altre volte diverse espressioni del mondo cattolico locale si mettono assieme per costituire una presenza che faccia da contraltare alla casa del popolo. Anche per questo poi spesso il circolo finisce per essere un luogo aperto, che ospita altri: riunioni di partito, di sindacato, aggregazioni di coltivatori, esperienze locali…
I circoli sono anche i luoghi in cui si prende atto della realtà. Ad un certo punto si deve riconoscere che sono frequentati anche da lavoratori autonomi, soprattutto artigiani, soggetti che non rientrano nella idea di classe lavoratrice del tempo. Ma la realtà è superiore all’idea e dalla presenza nei circoli di queste categorie nasce una prima tessera speciale, la tessera aderenti, che permette di usufruire dei servizi delle Acli ma non dà diritto a voto passivo ed attivo e questa modalità è utilizzata anche per le casalinghe. È solo l’inizio, ma dalla porta stretta della tessera aderenti l’identità di aclista piano piano diventa più inclusiva.
Un forte impulso arriva dalla Circolare Scelba del 9 agosto 1947, che riconosce le Acli come “ente assistenziale, con compiti di assistenza morale, legale e materiale nei confronti dei lavoratori” e concede pertanto alle Acli di gestire mescite per bevande alcoliche con procedure e vincoli facilitati rispetto a quelli previsti per i pubblici esercizi. Non esisteva il Terzo Settore, ma già da allora si riconosceva una funzione sociale all’associarsi. Nello spazio di pochi anni i circoli con mescita diventano migliaia e siccome, per legge, ognuno di essi deve contare almeno 100 soci, questo ha un effetto traino anche sul tesseramento.
Il pragmatico diffondersi di esperienze di mescita modifica di fatto la realtà Aclista al punto che in una relazione l’allora Presidente Storchi scrive “Sono mesi e mesi che insistiamo su questo motivo: le Acli non sono un’organizzazione a carattere ricreativo, non sono un ente assistenziale, non un ente cultural-formativo, le Acli sono invece un’organizzazione specializzata di categoria, con funzione pre-sindacale”. Ci prova. Ma, rotta l’unità sindacale, nel momento in cui le Acli non sanno bene come riformulare la propria azione, l’essere una realtà anche aggregativa diffusa la aiuta a delineare nuovi orizzonti.
In quel periodo comincia anche a girare in Italia il racconto dell’esperienza del movimento cristiano belga in cui si scrive: “Che fare? Fare opera di formazione? Certamente. Ma non solamente questo. Fare del sindacalismo e dove possibile del sindacalismo cristiano? Si, ma non solamente ciò. Istituire servizi sociali? Si. Ma non soltanto questo. Fare della politica? Si, ma non soltanto questo. Fare insieme tutte queste cose e fare di tutte queste cose una totalità che si imponga, che si esprima, che sia visibile anche al di fuori, in una potente organizzazione di insieme”.
Nel 1953 i segretariati del popolo Acli in Italia sono 6000, i circoli più di 5000. Quelli con licenza di spaccio di bevande alcoliche sono il 38%, il 10% gestisce spacci cooperativi, i 28% non ha sede. Già allora si versa una quota annuale per il rilascio della licenza e per l’aggregazione delle Acli.
Sono molte le vicende che i circoli attraversano negli anni successivi (ed in questo 80esimo almeno un po’ cercheremo di metterle a fuoco, anche perché una storia delle Acli attraverso la lente dei circoli, per quanto a nostra conoscenza, non è stata mai scritta), ma già da questa fase iniziale si può vedere quali frammenti di DNA aclista contengano: i circoli diventano da subito il punto di snodo tra essere la cellula base di un movimento sociale e una parte di un sistema di welfare. Punto di contatto (e di conflitto) tra democrazia e capitalismo. Sistema di welfare significa un insieme di iniziative, fatte per rispondere ai bisogni del territorio e dei lavoratori del territorio in primo luogo. Movimento democratico significa pensare che tutti i lavoratori (in forma non individuale, per questo attraverso i circoli) sono chiamati a partecipare a definire il programma, la direzione, le sfide che questo movimento deve prendere. Da questo il complesso reticolo di congressi, assemblee, appuntamenti… a cui ogni 4 anni, come quest’anno, andiamo incontro…
Fonte: www.acli.it