La calda luce del tramonto illumina la Croce dalla piccola cappella della casa parrocchiale. Contemplo le mani di Gesù, le sue braccia, i suoi piedi, le ferite, la corona di spine e il sangue che riveste il corpo benedetto del Figlio di Dio.
Penso a tutte le famiglie che in questi giorni si aggrappano alla Croce di Gesù come a una zattera nel mezzo di un torrente in piena. Gesù rivive la sua passione in tutti coloro che piangono per la morte dei loro cari, in coloro che vivono questi giorni nel silenzio di un letto d’ospedale e in quelli che sono devastati dalla solitudine. Gesù rivive la sua passione nei dottori e nelle infermiere che lavorano instancabilmente, in tutti coloro che lottano contro la superficialità di molti cittadini e in tutti quelli che non hanno idea di cosa daranno da mangiare ai loro figli nelle prossime settimane…
Gesù condivide con noi la nostra umanità e la riempie di una nuova e inaspettata dignità. La sua carne divina sperimenta dolore, abbandono, solitudine e fallimento. Gesù ci raggiunge nel più terribile abisso della nostra umanità. Ci viene a cercare con le braccia aperte. Spalancate. Molti hanno cercato di chiudere quelle braccia, togliere il Signore dal trono della croce e chiuderlo definitivamente in un sarcofago. Ma non ci sono riusciti. La vita non può essere intrappolata in nessuna tomba. Gesù, il Signore, rimane lì: è la debolezza devastante e meravigliosa dell’amore.
Padre Roberto