Articolo pubblicato sulla rivista POP insieme ad altri approfondimenti sulla Giornata della Memoria.
Vita, memoria e ricordo sono tre elementi imprescindibili e intrecciati, ognuno non può vivere ed esistere senza l’altro. La memoria, la cui azione è il ricordare, sorregge e puntella i nostri cambiamenti e concorre a creare la nostra identità. I ricordi, sempre selettivi, sono composti da tutte le immagini che archiviamo nella memoria. Sono impronte di vicende conservate nella coscienza e rievocate alla mente, con maggiore o minore partecipazione affettiva. Sono riproduzioni di momenti che cerchiamo di interpretare e che, spesso, sono legati a delle esperienze emotive.
Il bisogno di ricordare è profondamente radicato nell’uomo: noi vogliamo essere ricordati e vogliamo ricordare per non sentirci persi e recisi dalla nostra storia, che è la nostra identità. Per questo motivo sentiamo la necessità di lasciare segni ed impronte della nostra presenza: per affermare di aver vissuto. La voglia – in alcuni casi anche la necessità – di ricordare e di raccontare è stato sostegno e conforto a molti che attraverso le proprie memorie hanno lasciato agli altri, quasi intatte, parti di sé stessi.
Si tratta di un processo che ha coinvolto uomini e donne di ogni cultura e di ogni età: un bisogno tutto umano di affermare di essere stato, che la vita non è passata invano; di raccontare ciò che si è vissuto e visto.
I ricordi, anche i più intimi, non sono esclusivi. Noi, infatti, non siamo mai soli: portiamo sempre in noi una quantità di persone distinte. Anche quando ricordiamo e raccontiamo vicende che ci sono accadute personalmente queste si collocano e sono sempre frutto della storia collettiva e sociale più ampia, che nutre e modifica le vicende soggettive.
La costruzione della memoria con i suoi ricordi e l’oblio, sono processi individuali e collettivi, così come gli avvenimenti storici e sociali sono parte della trama della vita di ogni persona. Ognuno di noi partecipa, con la propria esperienza di vita, alla costruzione dei processi più ampi della storia collettiva e sociale: dobbiamo però specificare che, per lo più, ciò accade in maniera involontaria e inconsapevole.
Tutto cambia se, invece, questo processo è frutto di una precisa determinazione: la volontà di lasciare testimonianza personale di una esperienza che si ritiene significativa. In questo caso la ricostruzione del ricordo assume una valenza che potremmo definire «politica»: un atto di volontà volto alla soddisfazione di un bisogno personale ma anche di una necessità sociale e storica. Inoltre, i ricordi frutto di una esperienza difficile o particolare necessitano, più di altri, di una condivisione per poter essere elaborati e sopportati.
Tutto ciò rende centrale la figura del testimone portatore unico, ma mai solo, della narrazione di vicende significative sul piano politico e sociale. In questi ultimi due secoli i modi e gli spazi di raccolta e di propagazione delle memorie si sono ampliati e diversificati, come mai era successo prima. Sono infatti accadute vicende che hanno coinvolto masse di individui con livelli di coscienza e di conoscenze tali da permettere la realizzazione di una mole notevole di testimonianze.
La parola testimone è diventata così centrale nel dibattito scientifico ma anche in quello sociale e politico, in particolare quando si rievocano e ricordano pezzi di storia drammatici del secolo scorso.
Le vittime dell’Olocausto sono state sei milioni: una cifra spaventosa che la nostra mente fatica ad immaginare, perché supera la soglia delle nostre possibilità. Ma ognuno era una persona con un volto, un nome, una storia. Quelle vittime erano persone come noi. Quelle vittime siamo noi. Ascoltare le parole, ma anche i silenzi, dei testimoni è un modo per portarle nel cuore, che è ricordare. In questo numero abbiamo deciso di riportare le parole di Etty una giovane donna ebrea che ha vissuto le fatiche e il dolore della persecuzione e della deportazione e proprio dentro quella esperienza ha trovato Dio e la forza dirompente di dichiarare che anche lì, dentro quella storia terribile: la vita è bella.
Erica Mastrociani
Responsabile Area cultura
In allegato due dossier a cura dell’Area Cultura delle Acli nazionali
Fonte: www.acli.it