Tra poche ore saremo tutti davanti al presepe per contemplare la bellezza disarmante di un bimbo avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, ma oggi la liturgia ci fa fare un salto all’indietro di nove mesi e ci invita a puntare lo sguardo su di lei, la vergine madre, figlia di suo Figlio.
In questo meraviglioso brano biblico c’è un particolare che attira la mia attenzione: Maria si turba, interroga e si prende il tempo per dialogare con l’angelo. Lei non è una bella marionetta nelle mani di Dio, non ha un copione imparato a memoria. Maria è una giovane donna che apre la sua vita allo sbaraglio della grazia: si fida e si affida. E per tutta la sua vita, segnata da molteplice prove, dovrà rinnovare questa fiducia nelle mani del figlio Gesù. Per Maria, come per ciascuno di noi, non è facile seguire le parole del maestro, e forse dovremmo toglierci dalla testa quell’immagine zuccherina della madonnadairicciolidoro e provare a contemplare con serietà la grandezza umana e spirituale di Maria, cercando di immaginare le innumerevoli prove e difficoltà che ha vissuto. Nel Vangelo non se parla molto; i sacrifici delle madri, si sa, sono sempre sigillati con il fiocco del silenzio.
La grandezza della maternità di Maria non consiste solamente nel fatto fisico, ma in quello spirituale. La bellezza di Maria sta nel aver accettato e seguito suo figlio, non solo nell’averlo partorito. Maria è madre e discepola. E tutti noi possiamo vivere questa esperienza: “Chi compie la volontà di Dio, costui è mia madre” (Mc 5,35).
Gesù è la Parola fatta carne e la sua carne si fa Parola per farsi carne in noi che, come Maria, lo ascoltiamo, lo amiamo e lo attendiamo con gioia.
Don Marco Seregni