Anche dopo la resurrezione, lo stile di Gesù non cambia. Le scelte che hanno caratterizzato la sua vita terrena, continuano a svelarsi anche nella sua manifestazione gloriosa. La resurrezione non cancella l’identità di Gesù di Nazareth, ma la trasfigura.
Lo abbiamo già visto la scorsa domenica: nonostante i suoi discepoli siano stati un vero disastro, il Risorto li cerca, sono suoi, lui li ha scelti. Davanti all’evidente infedeltà dei suoi, lui si manifesta fedele nell’amore. In questa terza domenica di Pasqua, l’evangelista Luca introduce alcuni elementi molto interessanti.
Il Risorto, davanti all’ incredulità e allo stupore dei discepoli, mostra le mani e i piedi, invita a guardare e contemplare le ferite della Croce. Avrebbe potuto fare un miracolo strabiliante, un segno inequivocabile della sua gloriosa potenza, ma Gesù invita a guardare i segni della passione.
Luca sottolinea con forza l’inseparabilità della Croce e della Resurrezione, perché proprio in questo legame si svela il cuore dell’annuncio della Pasqua. La “buona notizia”, infatti, non è semplicemente che un morto è ritornato in vita, ma che il Figlio di Dio – che sulla Croce ha donato tutta la sua vita per amore – ha sconfitto la morte. La vita che risorge è la vita donata per amore. Questo è il punto.
Ma, accanto alla passione e alla resurrezione, il Vangelo introduce un terzo elemento fondamentale: la missione. Il Risorto, aprendo le menti dei discepoli all’intelligenza delle scritture dice: “Il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati”. La missione è parte integrante dell’evento della salvezza e della natura stessa della Chiesa nascente. Senza l’annuncio universale della conversione e del perdono dei peccati, la morte e resurrezione di Gesù rimarrebbero incompleti. La Chiesa nasce sotto il segno della missione.
Don Roberto Seregni