Il sindacato in questi tempi non gode di buona reputazione. Viene indicato anche ai massimi livelli come un freno all’innovazione e al cambiamento.Come i partiti sembra essere scivolato nella muffosa definizione di vecchio, di arruginito, con un gruppo dirigente ritenuto parente della casta. Sembra come il vecchietto della nota canzone di Domenico Modugno: “dove lo metto?”.
Eppure noi, che certo siamo anziani e pensionati, ci siamo formati amando il sindacato che abbiamo conosciuto come uno straordinario strumento di emancipazione, partecipazione, tutela , rappresentanza e promozione umana e civile dei lavoratori e delle famiglie popolari.
Nel movimento dei lavoratori si cantava: “ Mia cara moglie stasera ti prego, dì a mio figlio che venga a sentire, che ha da capire che cosa vuol dire lottare per la difesa dei nostri diritti, per la difesa del mio sindacato, per il lavoro e la libertà”.
Sappiamo però che il cambiamento necessario al Paese passa anche il forte rinnovamento del Sindacato. Non siamo e non vogliamo bloccarci in una inutile nostalgia. In particolare per i pensionati è indispensabile un sindacato nuovo.
Scegliamo di essere sindacato nel momento in cui bisogna cambiarlo e vogliamo sperimentare tutta la capacità di innovare a partire da noi stessi.
I gloriosi sindacati dei pensionati hanno alle spalle anni di sconfitte. Mancata rivalutazione delle pensioni, tagli alla spesa sanitaria a partire dalla territorializzazione ospedaliera e dall’incremento dei ticket, riduzione del welfare, abbattimento del fondo della non autosufficienza, promessa di ulteriori riduzioni delle pensioni. In dieci anni le pensioni hanno perso il 30 per cento del loro potere di acquisto.
Ripercorrere le liturgie degli ultimi anni non ha senso, è necessario piuttosto portare la vertenzialità sindacali nei territori, regioni e province dove si giocherà la ridefinizione del welfare locale, maturando la consapevolezza necessaria per ripartire dal mutualismo e l’autoorganizzazione dei servizi sociali messi a dura prova dalla crisi. Una lezione che ci viene dalla nostra appartenenza alle ACLI, associazione di promozione sociale con una storia popolare autentica.
In questo senso la FAP ACLI vuole essere il sindacato nuovo degli anziani e dei pensionati. Non per smania di nuovismo o per cedere alla brutta moda antisindacale. Piuttosto per riscoprire il senso di un luogo e un percorso di solidarietà tra le persone mettendosi alla prova dell’innovazione per garantire ai nostri soci migliore qualità della vita.
Vogliamo cambiare e lo facciamo anche dai segni della nostra comunicazione. Oggi inauguriamo il nuovo sito web con lo slogan: “non ci sono più i pensionati di una volta”. Un po’ di autoironia per una scelta forte.
Nella fase dell’allungamento della vita delle persone viviamo una duplice sfida: dare senso all’invecchiamento attivo e tutelare la non autosufficienza. Al centro della nostra azione previdenza, casa, fisco, lavoro e salute e tempo libero.. La forza del nostro sistema integrato (Patronato, Caf. Cta, Us. ACLI, Unasp, Ipsia,)e la straordinaria energia della terza età che rappresenta la maggioranza del volontariato italiano, con l’aiuto del Signore, ci faranno fare il salto di qualità che celebreremo al Congresso di quest’anno.
Pasquale Orlando