C’è un audio in Rete che, a chiunque lo senta, tocca corde strane. L’inviato di «Tutto il calcio» ribadisce il risultato finale della partita, Livorno batte Trapani 6 a 0, ringrazia gli ascoltatori e scoppia in lacrime, mentre la sua voce si impasta con i singhiozzi. Si chiama Ugo Russo, il radiocronista, e Livorno-Trapani è la sua ultima partita prima della pensione. Sa perfettamente che i suoi quarantadue anni di carriera finiscono in quel momento, su quel campo di serie B, e che la linea che sta per passare allo studio non gli verrà restituita mai più. Dallo studio comprendono il dramma, ma decidono di ignorarlo. «Grazie a Ugo Russo: a risentirci presto, comunque. Andiamo a Latina». Una cesura impeccabile, forse inevitabile. Il calcio è un rito per tifosi e i tifosi sono interessati alla commozione degli eroi, non a quella dei loro cantori. Eppure è impossibile non avvertire la solitudine drammatica del neopensionato, che nell’istante stesso in cui si congeda è già un estraneo: fuori posto, fuori tono, fuori e basta. Tutt’al più destinatario di una pietosa bugia: «A risentirci presto, comunque».
In ogni attività umana il momento più delicato è l’atterraggio. L’uscita di scena. Quando si scopre sulla propria pelle che una vita di progetti, condivisioni e declamato spirito di squadra evapora in un attimo, lasciandoti addosso una sensazione di vuoto, ma anche di pieno. Hai compiuto il tuo dovere e la macchina che adesso va tranquillamente a Latina senza di te è in grado di riuscirci perché tu l’hai condotta fin lì senza farla uscire di strada.
Massimo Gramellini
dal Buongiorno Corriere della Sera 14/10/2014