Siamo contenti di essere cristiani; di essere quelli di Gesù; di ritrovarci qui, come comunità cristiana, qui per crescere nell’appartenenza al Signore e alla Chiesa. E’ un grande dono, di cui essere riconoscenti! Contenti e riconoscenti, ma non presuntuosi, tanto meno fanatici.
Non solo gli altri, per es. alcuni movimenti minoritari islamici, ma anche noi possiamo diventare intolleranti: presumere di avere il monopolio della verità e del bene e perfino di Dio, fino a disprezzare chi non è dei nostri, pratica una fede diversa dalla nostra. Non sempre riconosciamo l’azione dello Spirito quando si manifesta in modi, forme e luoghi non corrispondenti ai nostri schemi. Non sempre apprezziamo il bene da qualunque parte venga.
Già nell’episodio del libro dei Numeri (11,25-29) leggiamo come lo Spirito del Signore non è concesso solo a persone appartenenti alle istituzioni sacre. Assomigliamo più a Giosuè, zelante e geloso, che vuol vietare la “profezia” di chi è fuori della ”tenda del convegno” (istituzione) o a Mosè che incoraggia la diffusione dello spirito: “Fossero tutti profeti nel popolo del Signore!” .
Quanto siamo simili a Giovanni? (Mc. 9,38-43.45.47-48). Il quale “Disse a Gesù: ‘Maestro … uno scacciava i demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci segue (non è dei nostri’”. Non importa che una persona sia liberata dalla dipendenza dal male, ritrovi vigore, dignità, sorriso alla vita. Importa la difesa del gruppo.
Gesù, al contrario, ordina: “Non glielo impedite …..Chi non è contro di noi è per noi”. Incomparabile messaggio! “Chiunque darà un bicchiere di acqua nel mio nome..”. “Chiunque”, indipendentemente dalle sue appartenenze. E’ vero, Gesù dice “nel mio nome” . Ma anche lo sconosciuto “scacciava demoni nel tuo nome ”. Si continua definire “solo filantropia” il bene fatto da non credenti e “carità cristiana” quello fatto da cristiani. E’ da sottovalutare la “filantropia”?
Il vangelo è chiaro: chi libera dal male, chi vince il male ha in sé la forza di Cristo; chi risponde alla sete dell’altro agisce come agirebbe Gesù, appunto “nel suo nome”.
Un sorso d’acqua, un gesto di benevolenza è sufficiente per essere di Cristo, per fare storia con Lui.
Si può essere uomini e donne di Cristo senza essere uomini e donne della chiesa? Certo perché il Regno di Dio è più grande della chiesa.
Con riferimento alla seconda lettura (Gc. 5,1-6): chi nel passato, spesso non essendo dei nostri, della nostra chiesa, in linea con le severe parole di Giacomo sui ricchi, si è speso, personalmente e nei movimenti, per la giustizia, perché il salario del lavoratore non sia defraudato e il povero non sia oppresso, si è speso affinché non si accumulino ricchezze in mano di pochi sazi, mentre troppi gridano la loro miseria, non ha forse lavorato e sofferto per il Regno di Dio? E chi lo fa oggi non è forse per noi, per Cristo? In lui non agisce Dio, il suo Spirito?
Spesso parliamo di “lontani”. “Lontani da chi? Da dove? La lontananza da un certo modello di comunità ecclesiale è sempre identificabile con la lontananza da Cristo? E se i “lontani” li creassimo noi? Se fossimo noi a creare dei confini rigidi in base ai quali c’è chi è dentro e chi è fuori?” (G. Boscolo).
Origene ha definito i cristiani “amici del genere umano”. Sguardo amico, cuore amico, e ascolto, per riconoscere, apprezzare tutto il bene che Dio, padre di tutti, semina nel mondo e lo Spirito suscita dovunque: “soffia dove vuole”. Ascoltiamo il Concilio. “Presso i vari popoli si trova una certa sensibilità di quella forza arcana (lo spirito di Dio) che è presente al corso delle cose e agli avvenimenti della vita umana” (Nostra Aetate 2). E ancora: “Dobbiamo ritenere che lo Spirito santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, con il mistero pasquale” (GS 22).
Questa consapevolezza ci fa superare la, a volte istintiva, diffidenza e intolleranza verso chi è diverso da noi e ci fa capaci di rispetto, accoglienza, di simpatia nei confronti dei valori umani e spirituali presenti nelle diverse culture e religioni; ci rende capaci di godere del bene che si fa ovunque. Non è facile godere del bene che fanno egli altri . E poi capaci di ringraziare per tutti i “sorsi d’acqua” offerti da chiunque. Che si conosca o meno Gesù, i “bicchieri d’acqua” sono comunque offerti a Lui: ”Avevo sete e mi avete dato da bere … L’avete fatto a me”.
E allora noi, la chiesa, che ci stiamo a fare? Risponde il Concilio: “La chiesa è in Cristo come un sacramento o segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (L.G. 1). Ci stiamo per dire che il Regno di Dio è già qui, per renderlo visibile, proclamare, testimoniare, che Dio è vicino e il Regno è l’umanità riconciliata.
In questa nostra situazione multiculturale e multireligiosa, che può diventare conflittuale, i cristiani hanno questo compito storico: dare testimonianza di apertura, di amicizia incondizionata verso tutti (“amici del genere umano”).
Gesù nella seconda parte del vangelo pronuncia parole dure contro chi “scandalizza”. Scandalo è anche dare l’immagine di un cristianesimo chiuso, intransigente e senza misericordia. Possiamo essere occasione di scandalo, inciampo, ostacolo alla accoglienza del Vangelo quando lo presentiamo non quale è: buona notizia.
Cerchiamo di trasmettere ai nostri figli la consapevolezza che il messaggio di Gesù rende più umana la vita, più bella, più significativa, carica di senso, la vita? A quelli che vengono da lontano quale testimonianza offriamo? E a quelli che si pongono domande? A quelli appassionati di un mondo altro?
Concludo con una frase di Enzo Bianchi: “Non rinneghiamo nulla del Vangelo, ma restiamo in mezzo agli altri uomini con simpatia, senza separarsi da loro, solidali, tesi a costruire insieme una città più umana” (“Differenza cristiana”).
Don Aldo Celli