Oggi celebriamo la Santa Famiglia, così diversa dalle nostre famiglie (una madre Vergine, un padre adottivo, un figlio che è Dio!) eppure così identica alle nostre nelle dinamiche affettive.
Nazareth ci insegna che Dio viene ad abitare in casa, che nella quotidianità e nella ripetitività dei gesti possiamo realizzare il Regno, fare un’esperienza mistica, crescere nella conoscenza di Dio.
Possiamo (sul serio!) elaborare una teologia del pannolino, un trattato mistico dei compiti dei figli, una spiritualità del mutuo da pagare. La straordinaria novità del cristianesimo è – appunto! – la sua assoluta ordinarietà.
Dio ha deciso di abitare la banalità, di colmare lo scorrere dei giorni. La seconda riflessione deriva dalla risposta, apparentemente dura e scortese, che Gesù rivolge ai propri genitori (da buon adolescente!): egli si deve occupare delle cose del Padre. Gesù richiama i propri genitori (!) al primato di Dio nella vita di una famiglia.
Siamo insieme per aiutarci a trovare la felicità, il senso della vita, siamo insieme per camminare incontro alla pienezza. Maria e Giuseppe vedono il Mistero di Dio che gattona e bordeggia, che passa le notti piangiucchiando per lo spuntare di un dentino…
Mi sono chiesto cento volte quanta fede hanno dovuto avere questi genitori per dirsi che quel bambino, identico a tutti i bambini, era davvero il Figlio di Dio. Giuseppe spesso guardava, alla fine della giornata, la sua verginale sposa, imbarazzato per l’immensità della sua fede, sentendosi un poco inadatto a tanta meravigliosa tenacia.
Paolo Curtaz