Vangelo di strade e di case. Vanno i settantadue, a cielo aperto, senza borsa né sacca né sandali, senza cose, senza mezzi, semplicemente uomini. A due a due, non da soli, un amico almeno su cui appoggiare il cuore quando il cuore manca; a due a due, per sorreggersi a vicenda; a due a due, come tenda leggera per la presenza di Gesù, perché dove due o tre sono uniti nel mio nome là ci sono io. E senti una sensazione di leggerezza, di freschezza, di coraggio: vi mando come agnelli in mezzo ai lupi, che però non vinceranno, che saranno forse più numerosi degli agnelli ma non più forti, perché su di loro veglia il Pastore bello.
E le parole che affida ai discepoli sono semplici e poche: pace a questa casa, Dio è vicino. Parole dirette, che venivano dal cuore e andavano al cuore. Ma in cima a tutto una visione del mondo, lo sguardo esatto con cui andare per le strade e per le case: la messe è molta, ma gli operai sono pochi, pregate dunque… L’occhio grande, l’occhio puro di Dio vede una terra ricca di messi, là dove il nostro occhio opaco vede solo un deserto: la messe è molta. Gesù ci contagia del suo sguardo luminoso e positivo: i campi traboccano di buon grano, là dove noi vediamo solo inverni e numeri che calano.
Gesù manda discepoli, ma non a intonare lamenti sopra un mondo distratto e lontano, bensì ad annunciare un capovolgimento: il Regno di Dio, Dio stesso si è fatto vicino. Noi diciamo: c’è distanza tra gli uomini d’oggi e la fede, si sono allontanati da Dio! E Gesù invece: il Regno di Dio è vicino. È davvero uno sguardo diverso (A. Casati).
E i discepoli per strade e case portano il volto di un Dio in cammino verso di noi, che entra in casa, che non se ne sta asserragliato nel suo tempio, dietro muri di sacerdoti o di leviti. In qualunque casa entriate, dite: pace a questa casa. Non una pace generica, ma a questa casa, a queste pareti, a questa tavola, a questi volti. «La pace va costruita artigianalmente, a cominciare proprio dalle case, dalle famiglie, dal piccolo contesto in cui ciascuno vive» (papa Francesco).
Pace è una parola da riempire di gesti, di muri da abbattere, di perdoni chiesti e donati, di fiducia concessa di nuovo, di accoglienza, di ascolti, di abbracci. Gesù e i suoi proclamano che Dio si è avvicinato, scavalcando tutto ciò che separava la terra dal cielo; è un padre esperto in abbracci e abbatte ciò che emargina pubblicani e peccatori, ciò che separa gli scribi dal popolo, i farisei dalle prostitute, i lebbrosi dai sani (R. Virgili), gli uomini dalle donne.
Allora la pace, davvero il succo del Vangelo, dalla periferia delle case avanzerà fino a conquistare il centro della città dell’uomo.
Padre Ermes Ronchi