È stata presentata oggi presso la Casa Circondariale di Busto Arsizio, la ricerca, a cura dell’IREF, “Al di là dei muri”, realizzata dalle Acli nazionali, in collaborazione con le Acli Lombardia, le Acli di Varese e la Fondazione Enaip Lombardia: un’analisi approfondita sul ruolo fondamentale del Terzo settore nel mondo del carcere.
“Il senso di questo report consiste nel documentare quello che le organizzazioni del Terzo settore stanno già operando all’interno della realtà carceraria e di come esse tendano ad accompagnare i detenuti in un percorso che è indubbiamente afflittivo, ma che deve essere finalizzato alla prospettiva della risocializzazione una volta espiata la pena”, ha detto il Presidente nazionale Acli Emiliano Manfredonia.
Nei primi tre capitoli della ricerca è analizzata la presenza del Terzo settore nelle carceri. “È difficile stimare il numero di organizzazioni impegnate con i detenuti, perché la maggior parte di esse sono piccole, alcune poggiano solo sul lavoro volontario”, ha spiegato Gianfranco Zucca ricercatore Iref e curatore della ricerca. “Negli ultimi due anni il numero di detenuti è diminuito di 7.409 unità, ma c’è anche stato un crollo del volontariato che ha fatto crescere il rapporto tra volontari e detenuti, da 1 a 3,1 del 2019 a 1 a 5,4 nel 2020”, ha continuato Zucca. La flessione maggiore si è avuta per le attività religiose (- 61,3%) e per le attività di formazione e lavoro (-60,5%); anche le attività sportive, ricreative e culturali hanno perso una percentuale consistente di volontari (-56,5%); più bassa è la flessione rilevata tra i volontari impegnati in attività di sostegno alle persone e alle famiglie, diminuiti del 31%.
Cosa fa il terzo settore nelle carceri. L’impegno del terzo settore e dei suoi operatori (volontari o meno) all’interno delle carceri si esplica attraverso progetti specifici o supportando i compiti istituzionali dell’amministrazione, in partenariato con altri enti o da soli, coinvolgendo solo i detenuti o anche i loro familiari. In particolare, le associazioni sono attive con progetti di formazione, lavoro, sport e cultura. Purtroppo, anche se il lavoro è considerato il veicolo principale di risocializzazione dei detenuti, secondo i dati del Dap a giugno 2021 lavorava un detenuto su tre, per un totale pari a 17.957 individui su 53.637.
La formazione è il secondo pilastro del modello riabilitativo adottato dal sistema penale italiano. Anche in questo ambito il ruolo degli Ets (Enti del Terzo Settore) è rilevante: tutti i principali enti di formazione, emanazione di sindacati e organizzazioni sociali di varia tradizione, realizzano percorsi formativi all’interno delle carceri. Negli ultimi cinque anni i corsi attivati hanno avuto un andamento altalenante, oscillando in un range che va da 120 a 230 nel periodo pre-pandemia, per poi crollare con l’avvento del Covid-19: la percentuale di iscritti sul totale dei detenuti presenti non ha mai superato un esiguo 5%, arrivando all’1,4% nel primo semestre del 2020. La pandemia ha avuto sicuramente un impatto negativo sulle opportunità formative e lavorativi dei detenuti italiani.
L’impegno delle Acli. Nel quarto capitolo si descrivono le attività che le Acli hanno avviato per rendere più umano il carcere e accompagnare i detenuti durante il periodo di reclusione e dopo. Attraverso un’analisi tematica di 16 interviste in profondità a testimoni privilegiati che si sono occupati della realizzazione dei progetti delle Acli in carcere, è posto in evidenza l’impegno sociale dell’Associazione.
Il quinto capitolo offre un focus su tre organizzazioni che da decenni si sobbarcano l’arduo compito di accompagnare i detenuti verso una possibile occasione di riscatto: il Centro di Accoglienza Padre Nostro nel quartiere Brancaccio di Palermo, eredità di don Pino Puglisi; Made in Jail nel quartiere Quadraro di Roma e la Comunità Nuova a Milano.
La ricerca “Al dii là dei muri” è solo un primo passo, come spiega Antonio Russo, Vice presidente nazionale Acli: “Le Acli, ritengono importante approfondire il ruolo del Terzo settore nel carcere, non una tantum, ma attraverso un’analisi cadenzata e regolare, capace di monitorare negli anni l’importante ruolo che esso svolge in questi luoghi. Il rapporto ci consegna un primo punto sull’impegno del mondo non profit in tema di detenzione e ci consente di individuare piste di lavoro per le successive edizioni del Rapporto con un focus particolare sull’importante tema della re-entry”.
Fonte: www.acli.it