Cerchiamo di capire di cosa si occupa la legge cosidetta “dopo di Noi da un articolo pubblicato su post.it
Giovedì 4 febbraio la Camera dei Deputati ha approvato un disegno di legge che sui social network e sui giornali è stato chiamato “dopo di noi”, e che si occupa delle persone con disabilità gravi che restano senza sostegno familiare. La proposta è stata approvata con 374 voti favorevoli e 75 contrari in prima lettura, ora passerà all’esame del Senato. Si tratta di un testo unificato di sei diverse proposte di legge presentate da PD, Lega, Scelta Civica e Area popolare, su cui si è trovato un consenso trasversale, con la sola eccezione del Movimento 5 Stelle che ha accusato la legge di “favorire le assicurazioni” e i “privati”. La legge, in sostanza, prevede la costituzione di un fondo con risorse pubbliche e private e una serie di agevolazioni fiscali per chi fornisce risorse finalizzate alla tutela e all’assistenza dei disabili gravi.
Fino a ora
L’articolo 3 della legge 104/1992 per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone disabili, definiva come “disabile grave” la persona che, a causa di «minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione». Successivamente la legge 162/1998 aveva introdotto una serie di programmi di aiuto alla persona, gestiti in forma indiretta, «allo scopo di garantire il diritto ad una vita indipendente alle persone con disabilità permanente e grave limitazione dell’autonomia personale nello svolgimento di una o più funzioni essenziali della vita». Per i disabili gravi senza sostegno del nucleo familiare, tali programmi di aiuto potevano essere organizzati dai comuni e dalle regioni. Si sono quindi diffusi modelli alternativi al ricovero in residenze sanitarie: sono state incentivate l’assistenza indiretta, la domiciliarità e percorsi di autonomia personale. Mancava però un’iniziativa specifica a tutela delle persone con disabilità non autosufficienti dopo la morte dei genitori.
La petizione
Una proposta di legge per il “dopo di noi” era stata esaminata già nella XVI legislatura, ma l’esame non si era concluso. Lo scorso giugno in commissione affari sociali alla Camera erano stati presentati diversi progetti di legge e su Change.org la deputata del PD Ileana Argentin, affetta da amiotrofia spinale, aveva lanciato una petizione che aveva raccolto quasi 89 mila firme.
Nel testo della petizione Argentin racconta la storia di un suo conoscente, Sergio Ruggero, che a Roma nell’aprile del 2014 aveva ucciso il figlio disabile di 36 anni e la moglie: lo stesso Ruggero aveva avvisato il 113 e aveva atteso la polizia per essere arrestato. Scrive Argentin:
«Aveva paura di morire e di lasciare solo Alessandro, suo figlio disabile, visto che alla mamma, Mariateresa, era stato diagnosticato un grave male. Incontravo spesso quest’uomo che spingeva la carrozzina del figlio. Abitavano a duecento metri da casa mia e tutte le volte Sergio mi diceva: “Che succederà, ad Alessandro, dopo la mia morte e quella di mia moglie? Non abbiamo parenti, Ileana fai qualcosa per il “DOPO DI NOI”, non dimenticartene.” Poi mentre scherzavo con Ale sulla Roma e lui mi raccontava dei suoi studi, della laurea, della voglia di trovare lavoro, Sergio ci interrompeva e tornava a dire che era diventato anziano, che era stanco e che lo Stato e le amministrazioni dovevano sbrigarsi».
Argentin scrive anche che in Italia le persone colpite da disabilità grave e per questo non autosufficienti sono 2 milioni e 600 mila, il 4,8 per cento della popolazione italiana.
La legge
Il testo di legge unificato è composto da dieci articoli e ha l’obiettivo di evitare la “sanitarizzazione” dei casi più gravi nel momento in cui vengono a mancare i parenti che li hanno seguiti, consentendo loro di continuare a vivere nelle proprie case o in case-famiglia. «Il profilo di questa legge è sociale e non sanitario», ha riassunto Argentin.
L’articolo 1 stabilisce che la legge è destinata alle persone «con disabilità grave non determinata dal naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità, prive di sostegno familiare». L’articolo 2 disciplina i livelli essenziali delle prestazioni nel campo sociale da garantire su tutto il territorio nazionale. L’articolo 3 istituisce un fondo per l’assistenza alle persone con disabilità gravi prive del sostegno familiare, al quale sarà possibile accedere con alcuni requisiti. I criteri saranno individuati da un decreto del ministero del Lavoro che dovrà essere emanato entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge. Le risorse del fondo, dice l’articolo 4, con la partecipazione di regioni, enti locali, organismi del terzo settore o privati, serviranno a realizzare «programmi e interventi innovativi di residenzialità», alla creazione di “case famiglia” per disabili e a sviluppare programmi per il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile ai disabili senza assistenza. Il comma 400 dell’articolo 1 della legge di stabilità per il 2016 aveva già istituito un fondo di 90 milioni di euro per finanziare interventi legislativi di questo tipo.
L’articolo 5 e l’articolo 6 stabiliscono che nella dichiarazione dei redditi sarà possibile detrarre le spese sostenute per le polizze assicurative stipulate per la tutela dei disabili, con l’incremento da 530 a 750 euro della detraibilità dei premi per assicurazioni versati per rischi di morte. Si prevede inoltre che i trasferimenti di beni e di diritti a causa di morte (per donazione, trust o a titolo gratuito) siano esenti dall’imposta di successione e donazione purché abbiano come finalità esclusiva la cura e l’assistenza della persona disabile. I trust sono una forma di protezione legale che prevede la destinazione di alcuni beni da parte di qualcuno (il disponente) a vantaggio di un altro soggetto di sua fiducia, che dovrà amministrare questi beni a vantaggio di un beneficiario attenendosi alle indicazioni e al programma che il disponente stabilisce nell’atto istitutivo. Gli articoli 7 e 8 prevedono infine campagne informative del governo e una relazione annuale sullo stato di attuazione delle disposizioni in materia di assistenza ai disabili gravi privi di sostegno familiare. Gli articoli 9 e 10 si occupano della copertura finanziaria dell’applicazione della legge: oltre al fondo previsto in legge di Stabilità saranno stanziati 56,9 milioni di euro nel 2016 e 66,8 milioni di euro dal 2017.
Le critiche
Il M5S ha contestato la proposta dicendo che fa «un favore alle assicurazioni e ai privati». In una nota in cui hanno motivato il loro voto contrario alla legge, i deputati del M5S hanno scritto che «la maggioranza e il governo hanno scelto di affidare all’iniziativa privata un tema delicato come quello del “dopo di noi”, accrescendo la forbice sociale tra ricchi e poveri». E ancora: «Lo chiariamo fin da subito: il problema non sono i privati, che hanno il diritto di svolgere le loro attività, ma questi devono integrare l’offerta pubblica, non sostituirla. Se, come affermato dalla deputata del PD Argentin, “il pubblico non è in grado” e per questo bisogna fare ricorso al privato, si sta dichiarando che il governo non è in grado, o non vuole, garantire il welfare». La critica principale è insomma «che esiste una sproporzione tra quanto viene destinato ai programmi per tutti i cittadini disabili privi di sostegno familiare e chi ha potenzialità economiche tali da consentirgli di stipulare il trust, che si rivolge a circa 1.400 cittadini (…) il trust potrà stipularlo soltanto chi se lo può permettere. Per tutti gli altri cittadini, resta il pubblico con i suoi servizi, che il governo continua a tagliare».
Alla legge sono state fatte diverse critiche anche da alcuni gruppi di disabili: sostengono che l’unica novità del testo sia il trust, «un accordo/contratto basato sulle finanze, attraverso cui le famiglie lasciano i loro patrimoni a fondazioni, istituti e privati che gestiranno le vite dei loro figli, decidendo loro al posto delle persone disabili sulle vite delle stesse». In una diffusa situazione di povertà, dicono, è evidente come il trust non sia una soluzione per tutti. Il testo, inoltre, «fa credere che le istituzioni totali (principalmente chiamate oggi RSA, RSD, case-famiglia) si elimineranno progressivamente, mentre in realtà si trasformeranno in “strutture alloggiative di tipo familiare”, nuova invenzione per de-istituzionalizzare senza de-istituzionalizzare».