Il biotestamento è legge. Approvato dalla Camera il 20 aprile scorso, il disegno di legge ha ricevuto il via libera definitivo al Senato lo scorso 14 dicembre. La legge si struttura sostanzialmente in due parti: la prima sul consenso informato e la seconda sul testamento biologico, chiamato “disposizioni anticipate di trattamento” (Dat).
Il consenso informato è la sintesi di tre diritti fondamentali della persona: l’autodeterminazione prevista dall’articolo 2 della Costituzione, l’inviolabilità della persona umana come “libertà della persona di disporre del proprio corpo” prevista dall’articolo 13 e il diritto alla salute previsto dall’articolo 32.
La complessità della materia e la delicatezza dei punti che sono stati affrontati, alcuni condivisibili altri meno, rendono evidente come debba essere stato difficile scrivere una legge che non solo potesse essere condivisa, ma anche interpretata in modo univoco su un tema difficile come la vita, la dignità della vita, la sofferenza e il dolore.
Per questo, vogliamo condividere alcune considerazioni sul testo delle legge, suddividendoli per punti:
- La legge non tratta né di suicidio assistito né di eutanasia;
- La legge allarga la responsabilità della cura, parlando per la prima volta di equipe sanitaria, composta dal medico ma anche da assistenti psicologi e, se lo vogliono, anche dai familiari;
- Si allarga l’area informativa, affinché il consenso sia realmente informato. La legge prevede che “Il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura”. Inoltre, “ la formazione iniziale e continua dei medici e degli altri esercenti le professioni sanitarie comprende la formazione in materia di relazione e comunicazione con il paziente, di terapia del dolore e di cure palliative”. La legge prevede che “qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto di sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico prospetta al paziente e, se questi acconsente, ai suoi familiari, le conseguenze di tale decisione e, (novità), le possibili alternative e promuove ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica”.
- La legge prevede finalmente la terapia del dolore (esiste già una legge del 15 marzo 2010, la numero 38 ma è pressoché sconosciuta). “Il medico deve adoperarsi per alleviare le sofferenze del paziente, anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario. E’ sempre garantita un’appropriata terapia del dolore e l’erogazione delle cure palliative. Nel caso di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili e sproporzionati. In presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua, in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente”.
- Maggiore chiarezza sulle pratiche di nutrizione e idratazione artificiale. La legge li definisce “trattamenti sanitari” in quanto “somministrazione, su prescrizione medica, di nutrienti mediante dispositivi medici”. Se nelle Dat il paziente aveva espresso la rinuncia o il rifiuto dei trattamenti necessari alla propria sopravvivenza, “il medico prospetta al paziente e, se questi acconsente, ai suoi familiari, le conseguenze di tale decisione e le possibili alternative e promuove ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica”. Nel disegno di legge del marzo 2017, invece, nutrizione e idratazione artificiale rientravano genericamente nelle disposizioni anticipate di trattamento.
Tra gli elementi più discutibili, abbiamo, invece, individuato i seguenti:
- Questa legge rischia di introdurre nel pensiero generale l’idea che oramai si possa scegliere se morire oppure no, una sorta di “mentalità suicida” che rischia di inoculare un’idea sbagliata della provvedimento normativo.
- Manca un passaggio più significativo circa il sostegno alle persone che percorrono ” l’ultimo miglio” in modo che le scelte siano davvero libere e consapevoli e non dettate dalla solitudine e dalla disperazione.
- Ritenere che la medicina del futuro possa basarsi sulle disposizioni anticipate di trattamento sembra ingenuo e anche poco attendibile.
- Una criticità potrebbe arrivare sul campo della privacy e sull’autenticità delle dichiarazioni anticipate di trattamento. Al momento non esiste un registro unico ufficiale che le raccolga.
Fonte: www.acli.it