L’ elezione di Lula da Silva alla presidenza del Brasile dopo un tormentato ballottaggio è una buona notizia, innanzitutto perché chiude l’epoca della presidenza Bolsonaro, segnata da pulsioni autoritarie, da un liberismo esasperato, dalla prosecuzione nella distruzione dell’ecosistema in Amazzonia e dal negazionismo del Covid.
E tuttavia, la differenza di voti fra Lula ed il suo avversario è assai lieve, al contrario di quanto si pensava prima delle elezioni, quando addirittura l’ex sindacalista era accreditato della vittoria al primo turno. Ciò dimostra il radicamento della linea nazionalista, reazionaria e populista di cui Bolsonaro è portatore, dimostrato del resto dal prevalere delle forze politiche a lui legate all’interno del Parlamento federale e del prevalere di suoi fedelissimi nelle elezioni per i Governatori degli Stati.
Lula torna alla politica attiva dopo mesi di ingiusta detenzione, e dopo che il suo partito è stato travagliato da accuse di malgoverno e corruzione: resta tuttavia la speranza che egli, come nei suoi primi due mandati, possa essere un punto di riferimento nella lotta per la giustizia sociale, per la democrazia e per la difesa dell’ambiente in un Paese di grandi risorse ma anche di grandi disuguaglianze, in cui l’opulenza più sfacciata convive con la più derelitta miseria.
In ogni caso Lula rimane un punto di riferimento per tutti i progressisti e per coloro che sono impegnati per la difesa della dignità umana nella politica e nella società, e gli auguriamo di cuore buon lavoro.
Fonte: www.acli.it