Siamo alla 22° domenica del tempo ordinario e oggi le letture ci invitano a riflettere e a fermarci per poter far calare dentro il cuore la Sua Parola di verità. La colletta recita: «O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l’amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza».
Siamo invitati a ravvivare la nostra fede in ogni situazione in ogni momento della nostra vita. Bellissima la prima lettura tratta dal libro di Geremia, si percepisce un uomo provato, che vorrebbe scappare dinanzi alla derisione che subisce ma che poi si lascia andare in una professione di fede stupenda: «Mi hai sedotto Signore e io mi son lasciato sedurre e, al v. 9 recita cosi: nel mio cuore c’era come fuoco ardente trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo».
Nel Vangelo incontriamo Gesù che comincia a far sapere ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme, soffrire molto, esser messo a morte ma risuscitare il terzo giorno. A tali parole, credo che tutti rimarrebbero sbalorditi, disorientati; è stata la stessa reazione dei suoi, in modo particolare di Pietro che cerca di distogliere Gesù dal suo progetto. Esprime la sua disapprovazione «Dio te ne scampi, questo non ti accadrà mai». Pietro dunque diventa il portavoce dei discepoli. Qui Gesù reagisce con un rimprovero: va dietro e lo sollecita a mettersi al suo seguito. Qui, infatti, Pietro vuole occupare il posto di Gesù.
In precedenza Pietro era stato detto felice-beato mentre qui viene qualificato satana, un termine molto forte per voler sottolineare l’azione di chi vuole dividere. Pietro in questo caso non pensa secondo Dio ma secondo la mentalità umana. Gesù lo rimprovera e lo fa per metterlo in guardia e mettere in guardia tutta la comunità a non aspettare un messia vincitore e guerriero. Gesù poi si rivolge ai discepoli e dice: «Chiunque vorrà salvare la propria vita la perderà ma chiunque perderà la propria vita a causa mia, la ritroverà».
I discepoli sono chiamati a mettersi alla sequela di Gesù condividendo la sua vita, la sua passione e morte. Ma per poterlo seguire bisogna negare, rinnegare, rinunciare a se stessi, in una parola prendere la propria croce. Questa espressione, anticamente alterata da una visone spiritualistica, vuole sottolineare l’essere tutt’uno tra il discepolo e Cristo annunciando il Vangelo e praticando la carità. Si realizza il programma di vita che Paolo rileva nella 2°lettura (Rm 12, 1-2): «Vi esorto, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio». È chiara la missione di Gesù in questo Vangelo: egli è il Figlio dell’uomo che va a Gerusalemme, dovrà soffrire, morire, ma risusciterà.
La tentazione di ritirarsi davanti alle difficoltà della missione non risparmia nessuno, ma la forza della Sua parola sostiene e fortifica fino a sentire quel fuoco dentro che brucia e riscalda. La vita si ritrova spendendola per amore, a volte anche rinunciando a ciò che apparentemente conta per ciò che dura in eterno: l’amore di Cristo per l’uomo.
Suor Tiziana Chiara