Essere liberi al punto di fare della correzione fraterna un momento di profonda comunione è qualcosa di non frequente né facile. Il più delle volte, nel correggere l’altro proviamo una certa soddisfazione. È per noi come toglierci un sassolino dalla scarpa!
I versetti del vangelo di Matteo che precedono il discorso di Gesù sulla correzione fraterna, parlano della pecora smarrita (cfr. Mt 18,12-14): quanto amore ha il pastore nel cercare quell’unica pecorella! Quando la ritrova, se la pone sulla spalla e si rallegra per quella più che per le novantanove che non si erano perdute. Ecco l’atteggiamento autentico di chi ama il fratello e vuole che non si smarrisca: lo cerca con amore, inoltrandosi per lui nel deserto, e non ha pace finché non lo ritrova. E quando l’incontro avviene, fa festa, senza neanche una parola di rimprovero.
C’è una gradualità nel tipo di aiuto da prestare a chi si è perduto (cfr. Mt 18,15-17). Egli, infatti, ha bisogno di essere sostenuto nel ritorno alla casa del Padre. A volte, occorre il sostegno di un’intera comunità per aiutare una persona nella sua risurrezione. Se neanche la comunità riesce nell’intento (perché l’uomo resta libero!), allora «sia per te come un pagano e un pubblicano» (Mt 18,17). E ciò significa, semplicemente, che devi amarlo di più. Infatti, come si è comportato il Signore con i pubblicani e i pagani? Con loro ha cenato, per loro ha dato la vita. Il samaritano, considerato da tutti infedele e pagano, è l’unico che si avvicina all’uomo percosso dai briganti e abbandonato lungo la strada. Si prende cura di lui, medicando le sue ferite. Il samaritano è Gesù che, venuto nel mondo, si è fatto straniero. Si è fatto «peccato», per curare le nostre ferite.
Siamo fatti per creare legami, e Dio prende sul serio i nostri legami di amore. Desidera custodirli, per essere garante e custode dei nostri legami di amore: «tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo» (Mt 18,18). La correzione fraterna è creare legami di amore, anche laddove essi sembrano umanamente impossibili. Tutti i comandamenti di Dio, infatti, si ricapitolano nell’unico comandamento dell’amore (cfr. Rm 13,9).
E Dio ha così grande fiducia in noi, che ci ha chiamati ad essere comunione, come sono comunione il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Una comunione che deve trasformarsi in gesti, in scelte, in modo di vivere. Talvolta ci sembra che Dio non risponda alle nostre richieste o aspettative. Ai sogni delle nostre famiglie o comunità. Ma chiediamoci: stiamo vivendo tra noi la vera comunione, che a Lui piace e che benedice? (cfr. Mt 18, 19-20). Alcune volte è necessario che il singolo si adatti a un sentire comune che manifesta una volontà di Dio: bloccare il cammino comunitario per un’ostinazione personale, non è vivere la comunione. Altre volte, se è il singolo a ricevere in dono un’intuizione, forse dovrà avere pazienza e attendere che la luce arrivi anche ai fratelli, per non compiere passi azzardati che, seppure giusti, non otterranno consensi e saranno causa di fazioni e divisioni: chi cammina da solo, non vive la comunione!
La comunità cammina e cresce, mossa dallo Spirito Santo. Matura, cambia aspetto, pur restando sempre se stessa. Può essere paragonata alla luna che «è il più mutevole dei corpi dell’universo visibile, e il più regolare nelle sue complicate abitudini: non manca mai agli appuntamenti e puoi sempre aspettarla al varco, ma se la lasci in un posto la ritrovi sempre altrove, e se ricordi la sua faccia voltata in un certo modo, ecco che ha già cambiato posa, poco o molto. (…) Corre la nuvola, da grigia si fa lattiginosa e lucida, il cielo dietro è diventato nero, è notte, le stelle si sono accese, la luna è un grande specchio abbagliante che vola. Chi riconoscerebbe in lei quella di qualche ora fa? Ora è un lago di lucentezza che sprizza raggi tutt’intorno e trabocca nel buio un alone di freddo argento e inonda di luce bianca le strade dei nottambuli» (Italo Calvino, Palomar).
Gesù è in mezzo a noi, e tanto più ascolterà la nostra preghiera quanto più ci saremo messi d’accordo per chiedergli «qualunque cosa» (Mt 18,19). A patto che gliela chiediamo «insieme» e pronti a fare un passo indietro o uno in avanti pur di restare nell’amore. Perché la verità non appartiene a nessuno. La verità, sempre, ci supera, perché la verità è Lui! Se ci facciamo piccoli e semplici, mendicanti di luce e di vita, possiamo essere certi che Lui ci condurrà. Custodiamo, allora, nel cuore, una fiducia piena in «Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti» (Ef 4,6).
Suor Mirella Caterina Soro
Domenicane di Pratovecchio