Domenica delle Palme

“Il Re dei Giudei”. Hanno dovuto appendere un cartello sopra la tua testa, altrimenti nessuno lo avrebbe creduto. Ti hanno osannato e portato in trionfo, ma ora il tuo corpo straziato pende dal legno della croce come un pezzo di carne strappato alla vita, senza dignità e senza nessuna regalità.

Le folle ti seguivano ovunque, Pietro e gli altri si sentivano orgogliosi di essere stati scelti, chiamati a uno a uno per nome. Vedevano i tuoi segni e attendevano. Attendevano che, dopo aver manifestato la tua misericordia e compassione con gli ultimi, iniziasse la restaurazione del Regno di Israele. Aspettavano un segno chiaro e lampante per contemplare, finalmente, l’inizio della rivoluzione. Libertà.

Ma questo segno non è arrivato, mai. Ti hanno visto in groppa a un asinello e poi con un grembiule a lavare i piedi come uno schiavo. Hanno visto arrivare le guardie romane e come ti sei lasciato catturare senza opporre nessuna resistenza.

E tutti, uno a uno, proprio quelli che tu avevi scelto, ti hanno lasciato solo. Forse per paura o per vigliaccheria. O forse perché si sono sentiti delusi e ingannati.

Sognavano un re potente, credevano che tu avresti riportato il Regno di Israele alla gloria di un tempo, ma l’unico regno che occupava il tuo cuore era quello di tuo Padre.
Delusi, se ne sono andati.

Giuda, sentendosi ingannato, ti ha venduto. Pietro ti ha rinnegato tre volte, negando di conoscerti e di essere tuo discepolo.

Sono passati più di venti secoli, e tu sei ancora lì, sulla croce. E i nostri occhi, oggi, ti contemplano.
Lo stesso cartello, la stessa incomprensione.

Anche noi, come Giuda, ti abbiamo venduto, anche per meno di trenta monete. Abbiamo scelto altri dei, più comodi, più veloci, più gratificanti. Abbiamo preferito restare a sgambettare nell’acqua bassa, senza rischiare, senza perdere il controllo.

Anche noi, come Pietro, se ci guardiamo nel cuore, dobbiamo ammettere che non ti conosciamo e che non siamo per davvero tuoi discepoli. Sappiamo qualcosa di te, la tua carezza infuocata ci ha sfiorato, ma conoscerti è un’altra cosa. E se ti conoscessimo anche solo un po’, la nostra vita cambierebbe, eccome.

Siamo un disastro, Gesù.
Siamo discepoli sgarrupati, Gesù.

Siamo una Chiesa accartocciata, Gesù

Eppure, inchiodato alla croce, non condanni nessuno.

Hai preso su di te la nostra carne, il nostro dolore, la nostra immondizia.

Sei entrato nella storia, e ti sei fatto trovare là dove nessuno cerca Dio: sul legno di una croce. Hai scelto l’angolo più buio dell’universo, perché nessuno possa sentirsi più escluso dalla luce. Ti sei tuffato negli abissi dell’oscurità del cuore dell’uomo per essere luce. Sei entrato nella morte, per darci vita. Hai perso tutto, per salvarci tutti. La croce è il trono della tua gloria.

don Roberto Seregni