Ogni anno, nella terza domenica di Avvento, siamo invitati ad essere luminosi testimoni di gioia per due motivi: primo, perché Dio nostro Padre ha mandato il suo amato Figlio per liberarci dalla nostra tenebrosa situazione di povertà e di peccato; per noi Gesù Cristo «è la luce del mondo» (cfr Gv 8,12), che «è venuta a risplendere nelle tenebre» (Gv 1,5a) della storia umana. Il secondo motivo della nostra gioia è perché, attraverso la missione di Gesù Cristo nel mondo, Dio Padre ha già celebrato la sua festa della nuova ed eterna Alleanza con tutta l’umanità, effondendo in ciascuno di noi lo Spirito Santo e invitandoci ad essere effettivamente Chiesa-sposa di Cristo risuscitato: fratelli tutti! In uscita!
La Parola di Dio di questa domenica ci invita ad essere questo segno luminoso di gioia, nonostante le guerre, le ingiustizie, i disastri ecologici, la confusione delle proposte di vita e delle regole di comportamento e l’ostinazione dell’egoismo umano, che ci lasciano preoccupati e senza molte speranze di un autentico cambiamento della situazione mondiale e di una conversione effettiva di noi stessi e degli altri.
Se dipendesse esclusivamente dalla nostra iniziativa umana, lo splendore della nostra gioia si ridurrebbe al consumismo e al divertimento “terra-terra”, inseguendo la soddisfazione degli innumerevoli desideri della nostra corporeità vivente. Siamo condizionati a sperimentare questa gioia fugace e illusoria, spinti a partecipare al sistema consumistico del commercio, in questo periodo natalizio, allo scambio dei doni, concentrati più su Babbo Natale che sull’immagine di Gesù bambino nel presepe. Siamo persino condizionati a diventare più solidali, compiendo gesti emotivi di carità a favore dei poveri, che accadono solo durante questo periodo natalizio.
La vera gioia va oltre il divertimento, la prosperità del consumismo e gli atti di beneficenza che pacificano la nostra coscienza di fronte alla sofferenza dei più sfavoriti della nostra società.
Per essere testimoni brillanti della vera gioia, la luminosità della nostra gioia vuole essere frutto dello Spirito Santo, presente e operante in noi e tra noi.
Vogliamo quindi chiedere a Maria di aiutarci a sperimentare la vera gioia che Lei stessa sperimentò, perché ebbe il coraggio di mettersi umilmente a disposizione del disegno divino di salvezza e permise allo Spirito Santo di agire in lei con tutta la sua forza vitale, santificante. e unificante. Vogliamo cantare con lei: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore» (Lc 1,46-47).
Siamo testimoni luminosi della vera gioia riconoscendo la nostra povertà
Maria, con il suo canto, ci insegna che, per essere testimoni luminosi della vera gioia, siamo invitati a riconoscere la radicale povertà della nostra condizione umana, perché siamo creature fragili e vulnerabili, incapaci di bastare a noi stesse e lottiamo per non cadere nell’esperienza del peccato.
Allora potremo sperimentare, con stupore e profonda gratitudine, la scoperta che siamo continuamente abbracciati dalla misericordia di Dio Padre, soprattutto attraverso il sacramento del perdono; siamo visitati dalla forza redentrice della salvezza offerta da Gesù morto e risuscitato, principalmente attraverso i sacramenti della Parola e dell’Eucaristia; abbiamo vita piena e sensata nell’esperienza della comunione attraverso l’azione dello Spirito Santo nella nostra vita. E vero! La Santissima Trinità «ha guardato alla nostra umiltà. […], perché Dio ha fatto meraviglie per noi e santo è il suo nome!» (Luca 1,48a.49), e possiamo essere onorati dalle generazioni future grazie al nostro umile abbandono alla volontà di Dio Padre.
Siamo testimoni luminosi della vera gioia nel riconoscere le conversioni
Abbiamo già sperimentato nella nostra vita personale di essere stati liberati e salvati dall’azione del Padre, unito al Figlio nello Spirito Santo e abbiamo belle storie di conversione da raccontare agli altri, per condividere con sincera gratitudine e gioia la storia della nostra “redenzione” e della nostra vita nuova.
La nostra esperienza di conversione ci avvicina a tutti i poveri e i sofferenti che vivono intorno a noi in questo mondo. Poi impariamo a condividere con loro la nostra esperienza di fede. È fantastico condividere con loro l’esperienza del nostro abbandono a Cristo Signore e la scoperta che siamo tutti figli amati del Padre, per lo Spirito Santo che abita in ciascuno di noi.
Ciò provoca la vera gioia quando scopriamo, con meraviglia, che il Regno di Dio Padre nella storia di questo mondo, si realizza attraverso i poveri e gli umili liberati e salvati. Ascoltare le conversioni dei poveri, che hanno scoperto e abbracciato l’amore gratuito di Dio, ci riempie di gioia profonda e vera. L’incontro con loro non si limita alla solidarietà del cibo, dei vestiti e dell’elemosina, ma ci lasciamo evangelizzare dalle loro storie di vita e di riscatto e dalla loro esperienza di abbandono fiducioso in Dio.
Facciamo allora nostra la profezia di Isaia, che Gesù, nella sinagoga di Nazaret, disse di aver compiuto nella sua persona e nella sua missione in questo mondo: «Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, 2a promulgare l’anno di grazia del Signore» (Is 61,1-2a).
Facciamo nostre anche le parole del canto di gioia di Maria, dove «gli ultimi diventano primi» (Mt 20,16), e «gli umili sono esaltati» (Mt 23,12): «Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote» (Lc 1,51-53).
Siamo testimoni luminosi della vera gioia sentendoci parte della Chiesa-sposa
Il terzo Isaia paragona la vera gioia ai preparativi di un matrimonio, quando gli sposi sono vestiti di belle vesti e ornati di gioielli: «Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli» (Is 61,10).
Giovanni Battista, presentato oggi nel Vangelo di Giovanni, proclamò chiaramente, davanti alle autorità religiose del tempio di Gerusalemme, che «non era lui il Messia» (Gv 1,20).
Tutti i vangeli dicono che Giovanni Battista non si ritenne «degno di chinarsi per togliere e slacciare i sandali dai piedi del Messia» (Mt 3,11b; Mc 1,7; Lc 3,16b; Gv 1 ,27b).
Secondo la legge del levirato, nel libro di Dt 25,5-10, era obbligo del fratello del marito defunto sposare la cognata vedova. Se rifiutava, la vedova doveva slacciargli i sandali e sputargli in faccia davanti al tribunale degli anziani del popolo.
Giovanni Battista contempla il Messia come colui che rifiuta di stringere una nuova alleanza matrimoniale solo con il popolo di Israele. La nuova ed eterna alleanza non sarà più con il popolo di Israele, ma con tutta l’umanità e avverrà con la fondazione della Chiesa per opera dello Spirito Santo, dopo la morte e risurrezione di Gesù. Giovanni intuì che la missione del Messia sarebbe stata la celebrazione del matrimonio con tutta l’umanità, dove tutti sarebbero stati inclusi nel nuovo popolo di Dio che è la Chiesa, pagani ed ebrei, schiavi e liberi, ricchi e poveri. Giovanni Battista non poteva sputare in faccia al Messia per questa apertura universale di salvezza. Perciò, poveri e convertiti, siamo luminosi testimoni della vera gioia, sentendoci onorati e grati di essere parte viva del corpo ecclesiale che è la Chiesa: fratelli tutti, in uscita, per invitare tutti a sperimentare la gioia di essere comunità.
Dà vera gioia sentirsi comunità.
Con le parole dell’apostolo Paolo, nella Chiesa «siamo sempre lieti»; impariamo a «pregare ininterrottamente» per non «spegnere, soffocare» in noi e tra noi la fiamma dello «Spirito Santo».
Vivendo in comunità impariamo a discernere ciò che accade nella nostra vita e a «tenere ciò che è buono, allontanando ogni sorta di male». Apprendiamo a «rendere grazie in ogni circostanza».
Con gioia camminiamo nella santità e siamo pronti per la «venuta gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo» (cfr. 1 Ts 5,16-24).
Diac. Vito Calella