La bellezza come principio operativo

Per il nuovo centro di chirurgia pediatrica che voleva aprire a Entebbe, in Uganda, Gino Strada ha chiesto a Renzo Piano e al suo staff , che hanno aderito con entusiasmo e portato a termine il progetto pro bono, di realizzare un ospedale che fosse sfacciatamente bello, perché – sostiene il fondatore di Emergency – «il brutto non aiuta a guarire». L’episodio richiama subito alla mente la felice sintesi poetica con la quale il principe Miškin ne “L’Idiota” di Dostoevskij – di cui ricorrono quest’anno i duecento anni dalla nascita – afferma: «La bellezza salverà il mondo»; nonché la pace, dal momento che la parola “mir” in russo contempla questi due significati. Questi pochi riferimenti alla vita reale e alla letteratura illustrano bene che il “bello”, lungi dal rappresentare unicamente un canone estetico, rappresenta ed esprime in modo ineffabile ma intuitivo per gli esseri umani anche il concetto di buono e giusto. Del resto, è un principio che affonda le radici nelle origini della nostra cultura. Per gli Antichi Greci estetica ed etica non erano separate ma indissolubilmente legate. La parola “bello” aveva un significato più ampio di quello che attualmente gli attribuiamo: indicava non solo ciò che è gradito allo sguardo e all’udito, ma anche qualità del carattere e della mente umana, morali ed etiche. La bellezza aveva un fondamento ontologico, che può ritrovarsi in tutte le cose dell’universo, dalle manifestazioni della natura a quelle sociali. Dunque, pure l’essere umano può esprimere bellezza, non solo nella proporzione delle forme fi siche, ma anche nella dignità dei comportamenti nella vita collettiva. Nella tradizione biblica, così come in quella neotestamentaria, il bello è sempre il buono: la parola che le accomuna è tôb che tradotto assume i significati di giusto, morale, ben ordinato, delizioso. Questa parola/ fusione la troviamo sin dalla creazione del mondo nella Genesi: “Dio vide (l’atto creativo): era bello!”; e nei salmi: “Una cosa chiedo al Signore e quella ricerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e meditare nel suo tempio” (Salmo 27:4). Nel Vangelo non se ne fa riferimento esplicito ma per i cristiani ha il volto di Gesù, che lascia trasparire la bellezza del Padre e della vita umana quale Dio l’aveva sognata. È lui, il nuovo Adamo, l’uomo bello e buono come Dio l’aveva voluto e pensato; è Lui che cerca di restituire la bellezza, che sono dignità e valore, ad ogni uomo o donna che incontra e che guarisce. Le sue azioni, le sue parole, sono belle, così come la sua capacità di guardare all’umanità ed al creato restituendone la bellezza intrinseca.

La tradizione cristiana ha poi ripreso il tema della bellezza: “Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica quanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me ed io ero fuori, e là ti cercavo. E io, brutto, mi avventavo sulle cose belle da te create. Eri con me e io non ero con te!” scrive S.Agostino. Arrivando sino ai nostri giorni così scriveva il cardinal Martini nella sua Lettera pastorale del 99/2000 dal titolo emblematico, Quale bellezza salverà il mondo: “Non basta deplorare e denunciare le brutture del mondo. Non basta neppure, per la nostra epoca disincantata, parlare di giustizia, di doveri, di bene comune, di programmi pastorali, di esigenze evangeliche. Bisogna parlarne con un cuore carico di amore compassionevole, facendo esperienza di quella carità che dona con gioia e suscita entusiasmo; bisogna irradiare la bellezza di ciò che è vero e giusto nella vita, perché solo questa bellezza rapisce veramente i cuori e li rivolge a Dio”. Etica ed estetica sono, quindi, due facce della stessa medaglia. «Se l’estetica è il sentimento (inter)soggettivo dell’immersione armonica nell’ambiente e l’etica è il sentimento (inter)soggettivo di rispetto per l’ambiente e di azione armonica con esso» , allora l’etica ci consente di preservare l’estetica e l’estetica ci serve da guida nell’agire etico. Non a caso attribuiamo i tratti della bellezza al bene quando si manifesta: diciamo, infatti, che un atto generoso e/o solidale è un “bel gesto”. La nostra contemporaneità ha veicolato la percezione di una scissione, laddove c’era unione: non a caso la parola etica è compresa nella parola estetica. In questo senso la “bellezza” è un concetto universale: tra il bello e il bene esiste un legame misterioso, inafferrabile ma indistruttibile, che può ricomporre in un’unità armonica l’apparente disordine della realtà, rivelandone il senso ultimo e prefigurando il riscatto del mondo, il suo possibile affrancamento dal male

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Fonte: www.acli.it