La cura della democrazia

Il tema della cura va a toccare da vicino una delle questioni fondamentali della vita comune, ossia la disponibilità a farsi carico dei problemi altrui sia nell’ottica “laica” del “sono uomo e nulla di umano mi è estraneo”, come scriveva Terenzio, sia nell’ottica cristiana a partire dalla parabola del buon samaritano. Insomma, promuovere la cultura della cura “per debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro”.

Da questo punto di vista la legge di cui Marco Furfaro è stato il primo firmatario per il riconoscimento del diritto ad avere il medico di base ed il pediatra per i senza fissa dimora mi sembra essere un buon esempio di cultura della cura, perché allarga i diritti delle persone e colma un vuoto di tutela che oltretutto contrastava con i principi di fondo della Costituzione e della legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale.

E ci dà una lezione. In politica dobbiamo ricordarci di ripartire sempre dagli ultimi.

Da chi chiede una parola di chiarezza e gesti concreti di speranza. Oggi assistiamo ad un’estrema emarginazione nella società: verso migranti, senza fissa dimora, lavoratori poveri, persone in povertà (5,5 mln secondo gli ultimi dati), famiglie che non riescono a dare opportunità ai propri figli, coloro che sono affetti da dipendenze, carcerati, quelli che devono farsi carico di invalidità, chi ha perso la speranza..

Ognuno ha un pezzo di responsabilità verso questo decadimento ma in particolare lo ha chi è in grado di fare scelte e nel tempo ha fatto programmi sbagliati. Siamo caduti inesorabilmente verso una perdita generale di valori ai quali dovremmo ispirare la nostra azione sociale e politica.

Dobbiamo recuperare valori come la tolleranza, il rispetto, la solidarietà, la giustizia sociale, la corresponsabilità, progettare un domani di pace, il senso del sacrificio. Quindi non solo un fare per gli ultimi ma recuperare il senso del nostro agire per rigenerare la nostra vita sociale. Se queste urgenze valoriali non vengono rispettate non cresceremo e non potrà esserci sviluppo perché come sta scritto implicitamente nella Costituzione o si cresce insieme o si ristagna.

In democrazia si cresce con la partecipazione alla vita democratica senza concedere una delega in bianco verso qualcuno di “forte” e che magari fa roboanti promesse di costruire confort zone alle proprie paure. Serve un faticoso confronto culturale, una buona comunicazione sociale. Serve, quindi, una classe politica preparata e trasparente.

Potremmo domandarci: chi si prende cura della politica? O, in altre parole, qual è lo stato di salute della politica democratica in questa fase così difficile della storia, non solo nel nostro Paese?

È una preoccupazione generalizzata che ci ha condotti, come ACLI, a elaborare due progetti di legge di iniziativa popolare: uno per la trasparenza e la democrazia interna dei partiti e un altro per promuovere una più larga partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica. Purtroppo, questi nostri segnali non sono stati colti dagli interlocutori partitici, ma il problema rimane, e si riaffaccia puntualmente ad ogni tornata elettorale.

L’altissimo dato di astensionismo, che per la prima volta dalla Liberazione, alle ultime elezioni europee ha superato la metà degli aventi diritto a livello nazionale, costituisce un dato inaggirabile ed estremamente preoccupante, che le forze politiche registrano a parole ma non contrastano nei fatti.

La democrazia non vuol dire solo istituzioni, leggi e procedure, diritti e doveri, ma anche inclusione dell’altro, del fragile, dell’emarginatoè un progetto che ha come obiettivo quello di ridare ad ogni persona la sua dignità. Chi rifiuta oggi la partecipazione democratica al voto – e i lavoratori poveri ed i disoccupati sono fra i primi- è perché si sente marginalizzato da parte della politica istituzionale così come viene concepita adesso.

Non è possibile ridurre la dialettica politica alle polarizzazioni di comodo ma si deve semmai ricondurla alla analisi precisa di come la politica oggi è o meno un ostacolo alla dignità della persona e quanto partecipi al dovere costituzionale di rimuovere le barriere che separano i cittadini.

Attraverso una politica della cura è necessario riaffermare che la democrazia è quella forma del vivere assieme di persone che si vogliono libere e che vogliono essere protagoniste nel determinare le scelte fondamentali della loro esistenza e il destino della propria comunità. La democrazia ambisce prima di tutto ad eliminare le disparità perché il primo fattore di dignità per ciascuno è la possibilità di essere liberi. Tutti non solo alcuni. Così da promuovere relazioni umane e sociali tra esseri che sono liberi ed uguali. Sperimentare non solo il gusto della mia libertà, ma il gusto della libertà dell’altro.

Per questo una politica della cura deve saper recuperare il senso della comunità saper coniugare diritti sociali con i diritti civili, se i primi calano e si resta senza cibo, senza casa, senza lavoro, senza accesso all’istruzione e alle cure sanitarie di quale libertà si può godere? E se contemporaneamente pensiamo solo a diritti personali non si scende sempre più ad un egoismo individuale che sconfina nel potersi permettere o non permettere la libertà?

Come curare la democrazia allora? C’è bisogno di recuperare una capillarità di antenne su ogni territorio dove sperimentare l’impegno civile (partiti, associazioni, sindacati, comitati..). Partire dall’ascolto di bisogni e le sofferenze. Bisogna farsi avvocati difensori di coloro i cui diritti sono violati, la cui umanità è offesa. C’è un grande bisogno di centri studi aperti per studiare i fenomeni sociali. C’è bisogno di riprendere in mano l’articolo 49 della Costituzione per dare mezzi ai partiti. C’è bisogno di strumenti istituzionali: l’Italia, unica tra i Paesi europei, che non ha un’autorità indipendente a difesa dei diritti. C’è bisogno di una politica riparativa soprattutto verso l’ambiente che stiamo sempre più deturpando.

C’è bisogno di curare la politica perché questa possa prendersi cura.

Emiliano Manfredonia, Presidente nazionale delle Acli

Fonte: www.acli.it