Isaia ci rivolge un invito alla gioia nell’esaltazione di un “bambino”, nato per noi, il cui nome sarà Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace”(Is 9, 5 -6 I lettura). La gioia viene motivata dal fatto che questo Bambino, che sarà Signore e Re universale, è apportatore di pace universale per la quale prima immersi nelle tenebre possiamo adesso godere di una grande luce. E’ una profezia che trova riscontro nel Vangelo di Matteo, che identifica il Bambino con il Messia atteso da generazioni, che adesso nasce dalla Vergine Maria per l’edificazione e per la salvezza dell’uomo. Dio che entra nella storia per farsi uomo. Non alla maniera dirompente di un eroe mitologico che incombe improvvisamente sul cosmo; non nella forma imperiosa e coercitiva e neppure nella sicurezza del lusso di enormi palazzi regali, ma assumendo la condizione di estrema servitù e sottomissione, deliberando di essere anzi Bambino prima ancora che uomo.
Dio insomma si incarna assumendo la nostra umanità e ciò non può trovare le sue ragioni se non nell’amore per l’umanità medesima. Per Dio non era infatti necessario spogliare se stesso e assumere la condizione di servo: avrebbe potuto ricorrere ad altri espedienti per raggiungerci e per convincerci, ma ha voluto farsi uomo egli stesso perché non poteva abbandonare l’uomo a se stesso lasciandolo vittima del proprio peccato e dei suoi errori. Dio voleva essere Uomo perché l’uomo diventasse Dio (S. Atanasio), perché cioè entrasse in comunione con lui diventando partecipe della sua vita.
Nel mistero dell’incarnazione la divinità assume l’umanità per divinizzarla, per completarla e per arricchirla della stessa povertà che il Bambino divino assume. Nel Bambino la natura umana e la natura divina si coniugano e si armonizzano in modo che l’essere umano possa essere colmato delle sue lacune e possa ottenere i favori di quella ricchezza a cui Dio ha rinunciato facendosi povero per noi. Dio arricchisce e divinizza l’umanità perché possa partecipare della natura divina stessa, del magnifico dono che sin dall’eternità il Padre fa al Figlio e che il Figlio riceve dal Padre; dono Amore che si chiama Spirito Santo e che coinvolge anche la nostra vita reale quotidiana. In Cristo siamo infatti inseriti a vivere la comunione con il Padre nello Spirito Santo.
Renderci partecipi della vita divina, questo è lo scopo per cui Dio dona se stesso in un Bambino. Conseguentemente il Natale è il luogo della nostra salvezza, perché è l’inizio dell’itinerario della “via, verità e vita” con cui Gesù propone se stesso a nostro vantaggio; è orientamento e guida per l’impostazione di nuovi parametri di vita che possano apportare serenità e gioia definitiva in un mondo tuttora lacerato dalla minaccia sempre più incombente di un terzo conflitto mondiale.
Il Verbo incarnato percorre la nostra dimensione terrena dalla culla alla tomba, fino alla fuoriuscita dal sepolcro, senza omettere tappa alcuna dell’esperienza umana. Predilige anzi quegli aspetti più precari e sottomessi dell’umanità come la povertà, l’umiliazione, la persecuzione. Ha vissuto in prima persona l’esperienza del lavoro servile e poco remunerato, della fatica e dell’abnegazione che passano inosservate agli occhi di altri, dello sconforto e anche della paura nella prospettiva del dolore fisico e della morte. E questo con la finalità di essere egli stesso pedagogia di una vita possibile secondo la volontà di Dio. In Gesù Cristo suo Figlio, Dio non solo si è fatto uomo, ma si è fatto Ebreo (R. Penna), caricandosi sulle spalle problemi, ansie, difficoltà e speranze di un popolo al quale ha saputo appartenere in tutto e per tutto, che a sua volta è speculare dell’intera umanità.
Vero Dio e vero Uomo, uomo dei dolori che conosce il patire (Is 53, 3) e che dalle cose che ha sofferto ha imparato ad essere obbediente (Eb 5, 8) ad eccezione del peccato Gesù Cristo non ha nulla che non abbia esperito di questa umanità e per questo può definirsi attendibile nelle sue parole e nelle sue opere, che rivelano nuovi criteri di vita più consoni e adeguati alla nostra condizione di servilismo e di schiavitù alla quale il peccato ci costringe. L’ottica rinnovata delle Beatitudini, della pace, della giustizia e dell’amore è quella che Gesù ha proposto non senza aver fatto esperienza in prima persona di quello che costa ogni singola virtù, ma anche del guadagno che essa promette al presente e nella vita futura. Fede, speranza, carità, semplicità di vita, condivisione, dono di sé, riconoscimento dei diritti altrui e acquisto della pace con tutti i mezzi sono elementi irrinunciabili perché possiamo liberarci dagli assilli dell’orrore, della guerra e di pseudo valori deprimenti che corroborano il nostro vissuto, poiché le rivoluzioni vere cominciano dall’animo umano e il cambiamento radicale del mondo è impossibile senza la radicale conversione di ciascuno.
Esiste un modo migliore di vivere? Dipende dalla volontà di conquista della pace interiore e dalla felicità che va procacciata in noi stessi e non nel mondo esteriore. Essa consiste nel dare generoso e disinteressato, che procura molta più gioia e soddisfazione del ricevere egoistico e calcolatore, nelle cose di cui si può fare a meno piuttosto che in quelle alle quali si ambisce con frenesia, nella capacità di saper ridere delle nostre apprensioni anziché nella procurata tensione e nella disperazione. Si è felici nella mitezza e nell’umiltà più che nella vendetta e nel falso orgoglio, nella bontà e nella rettitudine, che recano più profitto della menzogna e della falsità. Tutto questo e altro ancora ci insegna il Verbo Incarnato che si è fatto uomo per dare un senso reale alla nostra umanità affinché scoprendo la vera ragione del nostro esistere possiamo cambiare il mondo a partire da nuovi criteri di vita adottati.
Poiché l’uomo da solo stentava a trovare criteri di verità e di vita, ecco che Dio si è incarnato per donarceli egli stesso da vero Dio ma anche da vero Uomo.
Tutto questo avveniva a Betlemme mentre tutti i cittadini venivano censiti per una disposizione governativa. Era in corso un avvenimento singolare e si adempiva una disposizione che vedeva uomini e donne in pieno fermento nel corrispondere al monito dell’Imperatore. Luca fornisce anche il nome di un governatore di nome Quirinio, con il quale vuole descrivere un esatto momento della storia. Il momento che corrisponde alla pienezza del tempo (Gal 4, 3), quello in cui Dio si decide ad entrare nel nostro tempo; un momento della storia in cui Dio risolve di entrare nella nostra storia; un momento caratterizzato da persone regnanti, nel quale il Figlio di Dio instaura il suo vero Regno.
Dio entra insomma nella storia, nel tempo e nella vita di ciascuno perché possa davvero essere vita divina e realizzata.
BUON NATALE DI CUORE A TUTTI.
Padre Gian Franco Scarpitta