Non solo il 25 novembre. È necessario un cambiamento culturale, la violenza non è un destino.

Il tema della violenza investe tutte le persone in quanto è espressione di una cultura, di una storia, di un modello di vita che per lungo tempo ha visto il dominio di un sesso su di un altro, nel privato e nel pubblico, nelle forme manifeste ed in quelle invisibili e delle volte socialmente accettate.

La violenza di genere non è proprietà femminile, ma si annida nei saperi, nei poteri e nelle credenze.

Destano perplessità le affermazioni del Ministro Nordio di questi giorni sull’origine genetica della violenza degli uomini, quasi fosse un destino, ma la violenza è tutt’altro che destino: è un fenomeno complesso che non possiamo banalizzare, proprio perché è complessa la natura dell’essere umano.

Affermare che il codice genetico del maschio non accetti la parità, non solo giustifica gli atti di violenza e prevaricazione che ogni giorno respiriamo, ma divide il mondo in “buoni” e cattivi”, senza possibilità di scelta, riparazione o cambiamento.

La lotta alla violenza, di cui ricordiamo i femminicidi sono solo la punta dell’iceberg, richiede un approccio che tiene insieme una serie di fattori, che vada oltre la repressione ed investa in formazione ed informazione, in percorsi organici e strutturati di educazione sessuo-affettiva nelle scuole, in percorsi di sensibilizzazione e formazione per tutte le persone che lavorano nel Sistema della giustizia.

Ad oggi nonostante l’OMS e la Comunità Europea abbiano sottolineato l’importanza di programmi di educazione sessuo-affettiva nelle scuole per prevenire possibili conseguenze negative legate alla sessualità e per migliorare in senso generale la qualità della vita, la salute ed il benessere della persona, l’Italia è uno dei pochi Paesi Europei a non aver raggiunto un’intesa in tal senso.

Anche ostacolare e/o depotenziare quindi i percorsi educativi, come è accaduto nell’Istituzione scolastica, con l’obbligo del consenso delle famiglie per ogni attività, significa depotenziare gli strumenti di cui la scuola dovrebbe essere dotata e determina ulteriore sfiducia nell’Istituzione, non tutte le famiglie hanno gli strumenti necessari per decidere.

Come coordinamento donne ACLI, aspiriamo ad un cambiamento culturale fondato sul confronto, sulla cura, sull’attenzione e la valorizzazione delle differenze, sulla Pace e non sulla paura ed i pregiudizi, passando da interventi basati sull’urgenza a programmi di prevenzione.

È con la cultura che si sconfigge la violenza e si conquistano diritti e libertà.

Il cambiamento si genera attraverso una responsabilità condivisa e collettiva, un contesto che tende a reprimere, controllare e giudicare, può trasformare fragilità ed insicurezze in dominio e violenza.

Fonte: www.acli.it