Lo scorso 18 ottobre l’Ocse ha presentato uno studio dal quale è emerso che i lavoratori italiani più anziani sono maggiormente in salute rispetto a quelli di altri Paesi e le differenze nello stato di salute e nell’aspettativa di vita tra persone che hanno differenti livelli educativi sono relativamente piccole.
Partendo da questo primo punto, l’Ocse ha elaborato un modello di studio, applicato agli Stati Uniti, al Belgio e all’Italia, denominato “Modello di futura anzianità“: l’obiettivo è simulare delle previsioni sulla situazione economica e di salute di una generazione, per poi basare su queste stime politiche previdenziali o sanitarie. Tale modello è stato adottato per misurare, dopo il compimento del cinquantesimo anno di età, quanti anni di lavoro e di pensione ancora avessero. Si sono prese in esame tre differenti generazioni: i nati all’inizio degli anni ’40, quelli a metà degli anni ’50 e poi quelli nati a fine anni ’60.
Il risultato è che gli ultimi sono quelli che smetteranno di lavorare più tardi e godranno della pensione per un perioso più breve. Da queste considerazioni, sebbene non ci siano ancora studi ad avvalorarlo, si può ipotizzare che i nati negli anni ’70 (e così via) usciranno dal mercato del lavoro molto più tardi, con una pensione di durata decisamente inferiore. Questo fenomeno colpirà in particolar modo le persone meno istruite.