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Omelia della 4ª domenica di Quaresima

4edimCâremeAAll’improvviso un cieco vede e quelli che vedono diventano ciechi!  (cfr. Gv 9)

A proposito del cieco nato, i discepoli chiedono a Gesù: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?». Gli apostoli pongono la domanda all’unica persona autorevole. Difatti, per un verso, Gesù è il Verbo creatore che conosce la profondità della natura e dell’uomo, con i loro «misteri» o segreti. Per un altro, il Nazareno è «il maestro del dolore».Ed è anche «il maestro dell’uomo», come scriveva Alfred de Musset: «L’uomo è un apprendista, il dolore è il suo maestro. E nessuno è capace di conoscersi finché non ha sofferto».

Gesù, nella sua umanità, «imparò (dal greco «emathen – ἔμαθεν») dalle cose che patì («epathen – ἔπαθεν»)» (Eb 5, 8). L’arabo coglie assai bene il gioco di parole: ta’allama (تعلم), taallama (تألم).

Gesù ribalta la vecchia equazione popolare: «giusto = felice, peccatore = disgraziato», messa già in discussione da Giobbe, il “giusto sofferente”.

Quest’uomo è nato cieco «perché si manifestassero in lui le opere di Dio» (Gv 9, 3), e in particolare i Suoi miracoli che danno la vista a un cieco incurabile! Disegni divini imperscrutabili!

«Gesù sputò per terra» (Gv 9, 6)

A prima “vista”, il Maestro si comporta come i guaritori, più o meno abili. Questo gesto, a dire il vero poco elegante, ci ha un po’ scioccato! Ma al tempo di Cristo si credeva che il gesto avesse delle «proprietà mediche» (cfr. Mc 7, 33; 8, 23). L’eleganza è immediatamente riacquistata: Gesù «spalma» (letteralmente «unge – ἐπέχρισεν») gli occhi del cieco. Senza sorpresa, il Nazareno è il Cristo, l’Unto.

Non è straordinario che l’unzione con l’olio sia diventata ben presto una parte del rito del Battesimo, in cui il Signore «illumina» noi tutti, e soprattutto i «neofiti».

«Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa «inviato» (v. 7)

Letteralmente, l’inviato ora non è altro che il cieco stesso! Lui, inviato alla piscina dell’Inviato, obbedisce “ciecamente” (questa sarà l’ultima volta in cui camminerà nella cecità fisica!). Lui sarà presto vicino agli uomini duri di cuore e di mente. Loro lo supereranno nella cecità morale, naturalmente!

«Lui tornò che ci vedeva»

Perplessi, coloro che lo avevano visto, non credevano ai loro occhi. A questo punto del racconto evangelico ha inizio un interrogatorio tanto molesto quanto inutile: «Come dunque ti furono aperti gli occhi?». Possiamo comprendere o giustificare questa prima domanda, ma molto meno possiamo accettare le investigazioni e le tergiversazioni seguenti. L’ex cieco racconta del miracolo con semplicità. Chiama le persone e le cose con il loro nome: Gesù mi ha fatto vedere, alla piscina!

Segue una seconda domanda insensata, avversa o inutile: «Dove è l’uomo chiamato Gesù?». Cosa si aspettano, esattamente? Essere loro stessi guariti dalle loro malattie, o semplicemente contestare, criticare e tacciare il miracolo di falsità o di allucinazione?

«Condussero dai farisei quello che era stato cieco». Si tratta di un ambiente che non nutre grande simpatia per Gesù. E con facilità si presenta loro il pretesto per denigrare il Nazareno. Lui aveva compiuto un atto illegale ed empio, poiché non aveva rispettato il riposo del sabato. Avrebbe dovuto lasciare lo sfortunato cieco nella cecità e aspettare, religiosamente, «la fine del giorno del Signore»!

Gli interrogatori si pongono, di solito, per comprendere e non per denigrare. Il povero ex cieco ripete lo stesso “disco”, del fango e della piscina. Anche in questo caso, il disaccordo è fra i farisei: la buona volontà e il buon senso indicano un miracolo autentico; il legalismo, non senza perversità, presume piuttosto l’iniquità e l’illegittimità «degli atti e dei gesti» del Nazareno: durante il sabato non si ha il diritto di sputare, pena il castigo di Dio.

Terzo interrogatorio (con poco avanzamento)

«Tu che dici di lui (ed è la prima volta che si chiede il suo parere), dal momento che ti ha aperto gli occhi?». La questione cela una trappola più che una considerazione sincera! E, allo stesso tempo, mostra lo scadimento della malizia in stupidità. In realtà, vuoi che qualcuno parli male del suo più grande benefattore? Come previsto, il nostro piccolo ex cieco risponde senza indugio: «È un profeta!».

«I giudei non vollero credere di lui che era stato cieco»

L’evangelista Giovanni, benché ebreo, prende le distanze dal resto del suo popolo e dà al termine “giudei” un’accezione negativa, come di coloro che, facenti parte del «mondo delle tenebre», non credono in Gesù.

«Non vollero credere… finché non chiamarono i genitori». Ma loro non crederanno neanche in seguito.

Fuga «politicamente corretta» dei genitori, a causa della paura!

I genitori dicono che è davvero il loro figlio, ma dichiarano diplomaticamente di non sapere come egli abbia aperto gli occhi. Ah, questo è un timore assai frequente fra i cristiani, talvolta immotivato!

Conclusione

Alla fine dell’episodio, Gesù va teneramente a trovare il miracolato, e gli chiede: «Tu credi nel Figlio dell’uomo?» (cfr. l’appellativo divino e umano in Daniele 7, 13s). Nessuna esitazione: «Sì!». Credere nell’umanità di Gesù (a differenza della «virilità maschilista» di altri nel corso della storia) è il primo passo per credere alla sua divinità. È talmente umano che non può non essere Dio!

Padre P. Madros