L’impresa sociale cresce ma non si innova e non conosce gli strumenti di capitalizzazione previsti dalla legge di Riforma del Terzo settore. Sono questi alcuni degli aspetti che emergono dall’XI Rapporto dell’Osservatorio Isnet “Impresa sociale: i trend di sviluppo e le prospettive aperte dalla riforma del Terzo settore alla luce degli indicatori economici” presentato oggi, 11 luglio, a Roma nella sala stampa della Camera dei deputati e realizzato da associazione Isnet con la collaborazione di Banca Etica.
Obiettivo della ricerca, realizzata intervistando 400 cooperative sociali, 100 imprese sociali e 16 società benefit, è capire quale è l’andamento del Terzo settore.
Per il terzo anno di seguito crescono le cooperative sociali che dichiarano un andamento in crescita: sono 8,4% in più rispetto al 2016 e il 41,5% prevede di chiudere l’anno in crescita. Anche sul fronte occupazionale i dati sono positivi: il 39% prevede un aumento del personale per il 2017 con un incremento di quasi 12 punti percentuali rispetto allo scorso anno. Le cooperative sociali in difficoltà sono scese dal 28% al 15%.
I dati dimostrano un forte dinamismo dell’impresa sociale che però non si accompagna a una piena capacità di cogliere le opportunità: il 70% degli intervistati di chiara di non aver raggiunto gli obiettivi di innovazione soprattutto per la mancanza di risorse (84,3% degli intervistati). Nello stesso tempo, il 39,5% degli intervistati non conosce gli strumenti di capitalizzazione previsti dalla Riforma del Terzo settore, il 25% ne ha sentito parlare ma non li conosce in modo approfondito, il 23,5% li conosce ma non ha bisogno di capitali e l’8% non li vuole usare per timore di perdere la governance.
Per la capitalizzazione, la legge prevede social bond, capitali di rischio, equity crowfundig, social lending. Oltre a questi strumenti “Per la fine di luglio – ha spiegato Luigi Bobba, sottosegretario al ministero del lavoro e delle politiche sociali – l’accesso al credito agevolato sarà aperto alle imprese sociali. Ci auguriamo che gli strumenti pensati siano utili perché un maggior numero di imprese possa fare innovazione sociale”.
“Il conservatorismo e la fatica – ha commentato Alessandro Messina, direttore generale di Banca Etica – sono dovuti anche a cambiamenti esogeni. In questi anni è cambiata soprattutto la Pubblica amministrazione che forniva la maggior parte del fatturato alle imprese sociali. Ora serve una crescita culturale di tutti attori, inclusi gli enti locali”.
Per quanto riguarda i sistemi di valutazione dell’impatto sociale previsti dalla legge, solo il 5% dichiara di avere già identificato una modalità per definire il proprio sistema, il 68% valuta possibili soluzioni e il 22% non sa come farà. “Questi dati – ha detto Laura Bongiovanni, presidente dell’associazione Isnet – indicano che c’è una necessità di accompagnamento per far conoscere al Terzo settore la riforma e aiutarlo a capire quali strumenti usare”.
Secondo Giuseppe Guerini, portavoce Alleanza cooperative italiane, “i dati mostrano una grande contraddizione: non si possono avere questi numeri di crescita senza innovare. Forse non sappiamo raccontare bene l’innovazione. Abbiamo una grande responsabilità nel far vedere e comunicare che c’è un potenziale innovativo che non è solo legato alla tecnologia”.
Innovazione vuol dire anche imparare a lavorare insieme ad altre realtà, anche del mondo profit “Il Csv ha scelto la via della contaminazione, di lavorare all’interno di sistemi di relazioni condivise – ha aggiunto poi Edoardo Patriarca, presidente del Centro nazionale volontariato – non per perdere la propria anima ma per lavorare tutti meglio mantenendo la propria identità”.
Dalla ricerca emerge infine un campo in cui le cooperative sociali potrebbero avere maggiori possibilità di crescere ma che non è sfruttato in modo adeguato. È il welfare aziendale dove solo il 3% delle cooperative ha realizzato qualche azione, principalmente nidi, ma è un universo da esplorare.
Fonte: www.acli.it