Gesù, con due parabole simili, brevi e lampeggianti, dipinge come su un fondo d’oro il dittico lucente della fede. Evoca tesori e perle, termini bellissimi e inusuali nel nostro rapporto con Dio. Lo diresti un linguaggio da romanzi, da pirati e da avventure, da favole o da innamorati, non certo da teologi o da liturgie, che però racconta la fede come una forza vitale che trasforma la vita, che la fa incamminare, correre e perfino volare. Annuncia che credere fa bene! Perché la realtà non è solo questo che si vede: c’è un di più raccontato come tesoro, ed è accrescimento, incremento, intensità, eternità, addizione e non sottrazione. «La religione in fondo equivale a dilatazione» (G. Vannucci).
Siamo da forze buone misteriosamente avvolti: Qualcuno interra tesori per noi, semina perle nel mare dell’esistenza, «il Cielo prepara oasi ai nomadi d’amore» (G. Ungaretti). Trovato il tesoro, l’uomo va, pieno di gioia, vende tutto e compra quel campo. Si mette in moto la vita, ma sotto una spinta che più bella non c’è per l’uomo, la gioia. Che muove, mette fretta, fa decidere, è la chiave di volta. La visione di un cristianesimo triste, che si innesca nei momenti di crisi, che ha per nervatura un senso di dovere e di colpa, che prosciuga vita invece di aggiungerne, quella religiosità immatura e grigia è lontanissima dalla fede solare di Gesù. Dio ha scelto di parlarci con il linguaggio della gioia, per questo seduce ancora. Viene con doni di luce avvolti in bende di luce (Rab’ia).
Vale per il povero bracciante e per l’esperto mercante, intenditore appassionato e ostinato che gira il mondo dietro il suo sogno. Ma nessun viaggio è lungo per chi ama. Noi avanziamo nella vita non a colpi di volontà, ma per una passione, per scoperta di tesori (dov’è il tuo tesoro, là corre felice il tuo cuore, cfr Mt 6,21); avanziamo per innamoramenti e per la gioia che accendono. I cercatori di Dio, contadini o mercanti, non hanno le soluzioni in tasca, le cercano. Aver fede è un verbo dinamico: bisogna sempre alzarsi, muoversi, cercare, proiettarsi, guardare oltre; lavorare il campo, viaggiare, scoprire sempre, interrogare sempre. In queste due parabole, tesoro, perla, valore, stupore, gioia sono nomi di Dio. Con la loro carica di affetto, con la travolgente energia, con il futuro che dischiudono. Si rivolgono alla mia fede e mi domandano: ma Dio per te è un tesoro o soltanto un dovere? È una perla o un obbligo? Mi sento contadino fortunato, mercante dalla buona sorte. E sono grato a Colui che mi ha fatto inciampare in un tesoro, in molte perle, lungo molte strade, in molti giorni: davvero incontrare Cristo è stato l’affare migliore della mia vita!
Padre Ermes Ronchi