XXIII Domenica del Tempo Ordinario

Il perdono non consiste in una emozione, ma in una decisione. Non nasce come evento improvviso, ma come un percorso.

La portata scandalosa del perdono, ciò che va contro tutti i nostri istinti, sta nel fatto che è la vittima che deve convertirsi, non colui che ha offeso, ma colui che ha subito l’offesa. Difficile, eppure il Vangelo assicura che è una possibilità offerta all’uomo, per un futuro risanato. «Il perdono è la de-creazione del male» (R. Panikkar), perché rattoppa incessantemente il tessuto continuamente lacerato delle nostre relazioni.

Gesù indica un percorso in 5 passi. Il primo è il più esigente: tu puoi intervenire nella vita di un altro e toccarlo nell’intimo, non in nome di un ruolo o di una presunta verità, ma solo se ha preso carne e sangue dentro di te la parola fratello, come afferma Gesù: se tuo fratello pecca… Solo la fraternità reale legittima il dialogo. Quello vero: non quello politico, in cui si misurano le forze, ma quello evangelico in cui si misurano le sincerità.

Il secondo momento: dopo aver interrogato il cuore, tu va’ e parla, tu fa il primo passo, non chiuderti in un silenzio ostile, non fare l’offeso, ma sii tu a riallacciare la relazione. Lontano dalle scene, nel cuore della vita, tutto inizia dal mattoncino elementare di tutta la realtà, il rapporto io-tu.

Se ti ascolta, avrai guadagnato tuo fratello. Verbo stupendo: guadagnare un fratello. Il fratello è un guadagno, un tesoro per te e per il mondo. Investire in fraternità è l’unica politica economica che produce vera crescita.

Poi gli altri passi: prendi con te una o due persone, infine parlane alla comunità. E se non ascolta sia per te come il pagano e il pubblicano. Un escluso, uno scarto? No. Con lui ti comporterai come ha fatto Gesù, che siede a mensa con i pubblicani per annunciare la bella notizia della tenerezza di un Dio chino su ciascuno dei suoi figli.

Tutto quello che legherete o che scioglierete sulla terra, lo sarà anche in cielo. Gesù non parla da giurista, non lo fa mai. «Il potere di perdonare il male non è il potere giuridico dell’assoluzione, è il potere di diventare una presenza trasfigurante anche nelle esperienze più squallide, più impure, più alterate dell’uomo» (Don Michele Do). È il potere conferito a tutti i fratelli di diventare presenza che de-crea il male, con gesti che vengono da Dio: perdonare i nemici, trasfigurare il dolore, immedesimarsi nel prossimo: è l’eternità che si insinua nell’istante. Infatti: ciò che scioglierete, come lui ha sciolto Lazzaro dalle bende della morte; ciò che legherete, come lui ha legato a sé uomini e donne; ciò che scioglierete avrà libertà per sempre, ciò che legherete avrà comunione per sempre.

Padre Ermes Ronchi