Commento al vangelo della Domenica II dopo Natale 4 Gennaio

In principio

Inizia così il “viaggio” di Giovanni, del suo vangelo, di coloro che lo stanno ascoltando, facendoci fare un percorso a ritroso alla ricerca di ciò che è “in principio”, non solo nel tempo e nello spazio quasi annullandoli, ma soprattutto nella profondità di ciò che è, nel fondamento del tutto, nel baricentro dell’umano e delle sue relazioni, perché tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

Non è l’inizio di una storia, il racconto di una vita, della straordinarietà di un evento che si trascina fino all’oggi; è molto di più: Giovanni ci regala il principio fondante la nostra esistenza, la fonte del vivere, Colui che è via, verità e vita (Gv 14,6).

Il vangelo di Giovanni non è fatto di parole, ma è la Parola che lasciato il mondo delle idee, dei pensieri, dei princìpi è diventata carne e sangue che irrora di Grazia questa nostra disgraziata storia di uomini.

Ha dato potere

La Fede cristiana non è una dottrina, neppure una sapienza, neanche un’etica: è una Persona, Gesù. Accogliere Gesù Cristo è credere nel suo nome, è affidarsi alla sua persona, è vivere della relazione con Lui, riconoscere tutto ciò che ha rivelato di se stesso, del Padre e dello Spirito.

Nella relazione col Figlio ci è dato potere di diventare figli a nostra volta.

“Ha dato potere”: in tre parole Giovanni ci racconta un mistero incredibile e nello stesso tempo fa emergere una responsabilità.

Mistero incredibile è il dono di Dio che ci rende suoi figli, senza sradicarci dalla nostra natura umana, dalla storia, dalla quotidianità della vita ci immerge in una realtà altra, la sua, generandoci nella vita nuova. È ben chiaro, per Giovanni, che si tratta di un dono, una Grazia segno dell’amore spassionato che Dio mostra per l’uomo. Giovanni, contemporaneamente, ci affranca da qualsiasi automatismo e deresponsabilizzazione, con il verbo diventare ci immette in una storia, un cammino da percorrere, una realizzazione in divenire, un potere che non è solo una potenzialità affidata alla responsabilità della nostra vita, ma un diritto che ci è stato donato (la parola greca exusia, tradotta con potere, esprime proprio il diritto o l’autorità). Il divino e l’umano sono, a diverso titolo, coinvolti nella generazione a una condizione totalmente nuova.

A quelli che credono

Soltanto la fede ci mostra nell’orizzonte il mistero dell’incontro tra Dio e l’umanità, ma è necessario anche liberarci dall’idea umana di fede come adesione ad una dottrina o peggio ad una ideologia, neppure quella di trovare sostegno in un’etica o peggio un moralismo, non è quello che l’uomo può mettere in opera che serve. La fede non nasce “dai sangui” (nel testo greco troviamo il plurale) come frutto delle generazioni umane, neppure dai voleri dell’uomo e della sua naturalità, piuttosto dalla Paternità di Dio che genera suoi figli.

Nella solennità delle parole di Giovanni che si schiudono al culmine della rivelazione della Parola fatta carne, scopriamo la gioia inattesa di un dono grande, lo stupore di una rivelazione che supera ogni umana aspettativa di coloro che da Dio sono stati generati, la meraviglia di chi scopre di rinascere dall’alto perché quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito (Gv 3,6).

don Luciano Cantini