II Domenica di Quaresima

Per comprendere il senso di questo episodio, dobbiamo partire dalla fine. Marco, nella sua forma originaria, non ha i racconti delle apparizioni dopo la risurrezione. Mi ha sempre stupito il fatto che Marco non finisse il suo vangelo. Perché tralascia le apparizioni? Perché per lui la risurrezione è innanzitutto un’esperienza. Amico lettore, devi vivere da risorto se vuoi fare esperienza del Risorto.

Marco allora mette al centro del suo Vangelo l’episodio della trasfigurazione, proprio per ricordarci che se viviamo il Vangelo, la nostra vita cambia forma, si trasfigura!

Prima o poi a tutti è sorta questa domanda: perché questi tre apostoli? Perché solo loro? Il motivo è semplice: Gesù ha appena annunciato la sua morte e porta i tre apostoli più riottosi «in disparte» dice Marco. E’ una chiave di lettura preziosa. Ogni volta che l’evangelista utilizza questa espressione, sta indicando l’incomprensione da parte dei discepoli.

Sono tre gli apostoli ai quali Gesù ha dato un soprannome negativo: Simone chiamato “il testa dura, Pietro” e Giacomo e Giovanni, fanatici violenti chiamati “i Boanerghes”, “i figli del tuono”. Sono quelli più cocciuti, i leader negativi ma anche i più influenti nel gruppo.

Li conduce su un monte. Questa è un’indicazione teologica non topografica. Il monte, nell’antichità, era il luogo della terra più elevato verso il cielo, quindi il luogo più vicino a Dio.
Bellezza

La trasfigurazione ci parla di bellezza! Dio voleva mostrarsi in tutta la sua incantevole bellezza, per questo Gesù porta Pietro a fare un’esperienza “bella”. Chi mi segue sui social sa che per raccontare la “bellezza della fede”, mi aiuto con panorami bellissimi, albe e tramonti incantevoli, paesaggi fiabeschi. Sapete perché? Perché sono convinto che tutto ciò che è bello parla di Dio. Abbiamo bisogno di recuperare il senso del “bello” nella Chiesa e nella nostra vita. La bellezza ci spinge verso Dio. Le persone guardandoci dovrebbero capire che è bello credere! Ci si avvicina alla fede perché attratti dalla bellezza del Cristo. E’ bello essere cristiani!

Tutti facciamo esperienza del Tabor. Esiste per tutti il momento in cui, per un attimo, tocchiamo il cielo con un dito, facciamo esperienza della bellezza di Dio. Quel cielo stellato, quel pellegrinaggio, quella veglia di preghiera, quel santuario tra le montagne. Sono questi i momenti di “trasfigurazione”; momenti in cui prendiamo coscienza che vale la pena di vivere, anche solo per questi momenti. Sono “i” momenti. Abbiamo bisogno di questi attimi, di queste soste per godere delle cose “belle”.

Il nostro mondo, la nostra Chiesa ha bisogno di bellezza. Abbiamo bisogno di celebrazioni “belle”, di paramenti liturgici “belli”. Abbiamo bisogno di canti “belli” perché un canto ben eseguito e curato, aiuta la preghiera. Siamo sinceri: alcune celebrazioni non aiutano certo a fare esperienza della bellezza di Dio. Come amo ripetere, in alcune chiese viene voglia di pregare, in altre viene voglia di parlare…
Incidente

A un certo punto Pietro reagisce. «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».

Lo chiama “Rabbì”, cioè maestro. In Marco solo due persone chiamano Gesù così: Pietro e Giuda. Pietro, in fondo, vuole che Gesù si conformi alla sua idea. Vuole che Gesù si manifesti come il Messia atteso! Pietro vede Gesù con Mosè (la Legge), ed Elia (i Profeti) e dice: «facciamo tre capanne», come a dire “manifestati come Messia”. E’ interessante l’ordine dei personaggi: in un trittico, il più importante è sempre chi è al centro. Per Pietro, il più importante è Mosè: «Facciamo tre capanne: una per te, una per Mosè», al centro, «e una per Elia». Per Pietro, il Messia è chi fa osservare la Legge. Pietro sperimenterà sulla sua pelle che non è possibile mettere il “vino nuovo” portato da Gesù negli “otri vecchi” delle antiche strutture religiose. È uno sposo, il Signore: avvicinarsi a lui con le consuete categorie religiose è come mettere del vino giovane in vecchie botti che rischiano di spaccarsi. Quando il Signore si fa sentire, ogni legge è inadeguata alla novità della sua presenza.
Innamorarsi

Questo vangelo tenta di dare una risposta alla domanda su che cosa rende veramente felici nella vita. In fondo, la trasfigurazione è vedere cose che si possono vedere solo con il cuore. «Beati i puri di cuore perché vedranno Dio». Per chi ha un cuore puro, tutto è puro e vede Dio in ogni cosa, anche nella sofferenza, perfino nella morte. “Cari Pietro, Giacomo e Giovanni”, sembra dirgli il Signore, “guardate la croce da un altro punto di vista! Come i profeti, scrutate il passaggio di Dio nella storia”.

Ti sei mai innamorato amico lettore? Se ti sei innamorato, allora puoi sperare di capire il vangelo e questo brano. Se non ti sei mai innamorato, non potrai mai conoscere il vangelo perché Gesù era un uomo passionale, un fuoco che bruciava.

Alcune domande nascono spontanee: come ha potuto cambiare d’aspetto? Cambiare il suo volto, essere splendente come il sole, avere le vesti candide come la luce? Tranquillo, non si possono comprendere queste cose se non ci si è innamorati almeno una volta nella vita. Hai mai visto il volto di un ragazzo dopo la prima cotta? Il volto di un bambino cullato nelle braccia di sua madre? Gli occhi di una donna quando vede suo figlio dopo il parto? L’amore cambia lo sguardo! L’amore cambia il modo di vedere la realtà. Giovanni dirà che «Dio è amore», cioè solo chi sa aprirsi e vivere l’amore può capire Dio. Ecco perché le cose di Dio si capiscono amando. Quelli che non sanno aprire il loro cuore, potranno avere il concetto di Dio, ma non sentirlo. Dobbiamo ripartire dalla bellezza, dalla bellezza di Dio.

Forse abbiamo smarrito la bellezza nel raccontare la fede. Abbiamo ridotto il cristianesimo a un’esperienza triste. Il Vangelo, al contrario, ci dice che credere può essere splendido.

Pietro, Giacomo, Giovanni e noi, non siamo ciò che pensiamo di essere. Abbiamo bisogno di guardare con uno sguardo diverso la realtà. Siamo molto di più; la nostra vera natura è ben altra, il problema è che non lo sappiamo. Pietro, Giacomo, Giovanni e noi possiamo essere «pescatore di uomini»…

La trasfigurazione è lo specchio nel quale è riflesso ciò che potremmo essere se accogliessimo la Parola che c’è donata. Siamo splendidi. La parola splendore, però, viene dal greco spledòs, che vuol dire “cenere”. Lo splendore rimanda a una trasformazione, un bruciare il vecchio per essere qualcosa di nuovo, un morire perché qualcosa di nuovo possa rinascere.

Amico lettore, siamo fatti per volare alto eppure ci accontentiamo di strisciare. L’unica domanda da porsi è questa: Gesù è risorto, ma dove possiamo incontrarlo? Nel nostro vivere adesso, nella nostra situazione, insomma nella nostra Galilea lo vedremo. A noi di guardarci intorno e scoprire la bellezza di Dio. «La bellezza salverà il mondo», afferma il principe Miškin nell’Idiota di Dostoevskij. Aveva ragione.
Pietro e gli altri lo capiranno dopo la resurrezione.

La bella notizia di questa domenica? La trasfigurazione ci mostra di che stoffa siamo fatti: a immagine di Dio! Siamo impastati di cielo. Siamo fatti per il Paradiso!

Paolo De Martino