“Non escludere gli anziani dalla Fase 2”. Intervista a Graziano Onder

“Non dimentichiamo gli anziani, non possono essere tenuti fuori dalla fase 2”, dice Graziano Onder, e spiega perché è fondamentale considerare le esigenze degli over 65 – il 23% della popolazione italiana – prioritarie nel programma di ripartenza del Paese. “Gli anziani, più fragili e dunque maggiormente esposti al contagio – sottolinea il geriatra, direttore del dipartimento Malattie cardiovascolari, endocrino-metaboliche e invecchiamento dell’Istituto Superiore di Sanità – hanno pagato e stanno pagando il prezzo più alto al Covid19”. Negli ultimi due mesi si è parlato molto dei morti ultra 65enni – specie di quella che è stata definita “la strage nelle Rsa” – meno dei danni indiretti, fisici e psicologici, che ha provocato il virus in questa fascia, cospicua, della nostra popolazione. E ora che si progetta la riapertura del Paese è molto importante, ribadisce Onder, tener presente la necessità di consentire anche agli anziani di uscire dall’isolamento per rimettersi in moto.  

Come stanno i nostri anziani, professor Onder?

Per contestualizzare la situazione va detto che, con il 23% di over 65, il nostro è uno dei Paesi più anziani del mondo. Quasi un italiano su quattro ha più di 65 anni. Gli anziani sono sicuramente le persone più esposte all’infezione da Covid-19 – e infatti dai dati risulta che oltre il 90% dei morti ha più di 65 anni – e dunque la loro è la popolazione da tutelare maggiormente. Non possono essere tenuti fuori dalla fase 2, non devono esserne esclusi. È fondamentale pensare a come farli rimettere in moto gradualmente e ovviamente salvaguardandoli con tutte le cautele necessarie. Vorrei, però, sottolineare un altro aspetto che ha riguardato e continua a riguardare la vita dei nostri anziani durante l’emergenza coronavirus, una situazione alla quale va posto rimedio.  

A cosa si riferisce?

La maggior parte degli anziani soffre di diverse malattie croniche, non trasmissibili – penso alla cardiopatia ischemica, al diabete, per fare due esempi – per le quali negli ultimi due mesi la cura è stata molto carente. Gran parte delle visite e degli accertamenti, anche per la difficoltà di incontrare di persona i medici curanti, non sono stati effettuati. Le cifre ci dicono che, in questi ultimi due mesi rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, i ricoveri per ictus e infarto si sono dimezzati. È evidente che l’incidenza di entrambi non può essere diminuita così tanto e allora che fine hanno fatto le persone colpite da infarto o ictus? Riprendere i percorsi di cura delle malattie croniche dovrà essere una priorità della fase 2. Soprattutto considerando che il 75% dei nostri anziani è affetto da due o più malattie croniche. 

L’età in sé è un fattore di rischio?

No. Però l’età avanzata si associa inevitabilmente alle malattie croniche, che rappresentano il maggiore fattore di rischio. E infatti in Italia il 75% degli over 65 ha due o più malattie cosiddette non trasmissibili. Staccare le due cose non è così facile.  

Nella fase 2 i nonni potranno finalmente riabbracciare i loro nipoti?

Il contatto diretto è sconsigliabile anche nella fase 2, il distanziamento sociale va mantenuto ancora. Riabbracciare i nipoti non è opportuno. Potranno incontrarli, sempre mantenendo la distanza di sicurezza di un metro e mezzo. Ma con le precauzioni adeguate e le giuste cautele, gli anziani potranno riprendere a svolgere alcune attività. 

Quali?

La passeggiata sotto casa, per cominciare. E poi il giardinaggio, la cura dell’orto, tutte le attività ricreative che non presuppongono un contatto con altre persone. Di certo non potranno andare al bar a giocare a carte, al centro anziani o a ballare in balera. 

Si può pensare di tenere chiusi in casa ancora per molto gli over 70?

No, anche perché limitare gli anziani ha conseguenze ben più gravi che limitare i giovani. Un ultra 65enne perde molto della sua autonomia e, rispetto a persone di età inferiore, avrà più difficoltà a rimettersi in moto. 

Secondo lei, in questa fase dell’emergenza gli anziani sono stati un po’ dimenticati?

Non credo. Di certo, sono la fascia più fragile della popolazione e la più colpita dall’infezione. Nel programmare la ripartenza dobbiamo certamente considerare la necessità fondamentale di riavviare le attività produttive, ma anche tenere presente lo stato di salute e le esigenze degli anziani, che hanno pagato all’emergenza un prezzo altissimo, in termini di danni diretti ma soprattutto indiretti.

Danni diretti e indiretti: che significa?

I danni diretti sono i morti, i contagiati, riscontrabili nell’immediato o in un tempo breve. Quelli indiretti, invece, sono causati dall’immobilità, dalle cure che non hanno potuto seguire adeguatamente. Danni fisici e psicologici, che personalmente ritengo saranno anche peggiori di quelli, già rilevanti, causati dal virus. 

Inevitabile fare riferimento a quanto accaduto nelle Rsa negli ultimi mesi. Secondo lo studio dell’Istituto Superiore di Sanità il coronavirus ha ucciso il 40% dei 7000 anziani morti da febbraio in queste strutture.

Nelle Rsa ci sono gli anziani più fragili, dunque ancora più esposti al contagio. In una prima fase non sono stati percepiti i rischi di possibili focolai in queste strutture e infatti solo con la circolare del Ministero della Salute del 3 aprile è stata data priorità all’esecuzione dei tamponi nelle Rsa. Ad acuire il contagio sono state la carenza di dispositivi di protezione individuale per operatori e pazienti e la decisione di utilizzare le strutture per alleggerire gli ospedali trasferendovi persone infette. L’insieme di queste criticità ha fatto sì che il problema esplodesse con la virulenza che abbiamo visto. Detto questo, posso fare una precisazione?

Prego.

Il problema non riguarda solo l’Italia. Negli Stati Uniti si stimano oltre 5.000 morti nelle Rsa, che comunque, almeno per come sono organizzate in Italia, vanno ripensate. Dopo quello che è successo, mi è capitato di chiedermi che cosa ne sarà in futuro di queste strutture. 

E cosa si è risposto?

Credo vada rivisto il modo in cui sono organizzate e controllate. Nessuno sa con certezza quante – tra pubbliche, private, convenzionate o affidate a Enti religiosi – siano le Rsa in Italia e non è possibile che non ci sia un controllo completo. Il settore, che certamente subirà una contrazione, va regolamentato e controllato sistematicamente.

Per la fase 2 si è parlato molto di bambini, abbastanza di studenti, poco di anziani. Conte si appresta a presentare il piano per la ripartenza. Vorrebbe dire qualcosa al premier?

Vorrei dirgli di non dimenticare gli anziani. Hanno subito i danni maggiori dell’emergenza e sono i più a rischio. Nella fase 2 devono essere una priorità.

Fonte: www.huffingtonpost.it