XIX Domenica del Tempo Ordinario

La parola di Dio di questa XIX domenica del tempo ordinario ci presenta la vita reale in cui si muove un credente o meno e quali fiducia esso pone in Dio. A partire dal testo del Vangelo di Matteo, in esso viene raccontato un fatto vero e realmente accaduto. E cioè che Gesù cammina sulle acque e va incontro agli apostoli che stavano nella barca, sbattuta dal vento, con il rischio di un naufragio a pochi metri dalla riva.
Come sempre Gesù mostra una speciale attenzione verso il gruppo dei discepoli, che a quanto lascia intendere il vangelo di Matteo, non avevano compreso esattamente chi era Gesù.
Lo confondono con un fantasma che cammina sulle acque e non come il vero ed unico Dio che ha il potere si assoggettare a se le forze della natura.
D’altra parte, è verità di fede chr tutto è stato fatto e creato per Lui e in vista di Lui.
Gesù Maestro che interviene a salvare Pietro e il gruppo dei discepoli e poi il tutto rientra nella quiete quando lo stesso Cristo sale sulla barca e si mette a loro fianco per camminare insieme ed approdare ad un porto sicuro ed una riva certa.
Lo storico evento, più che un vero miracolo, è un racconto ben dettagliato di quanto realmente è successo.

Questo testo evangelico ha scopi precisi da un punto di vita di formazione alla fede, del concetto della Chiesa, del ruolo di Pietro, di quello del gruppo degli apostoli, per poi capire i simboli del mare, della barca, della tempesta, del vento, delle onde che si innalzano e mettono angoscia ai discepoli che pensano di morire in quel momento.
Richiesto l’aiuto a Gesù da parte di quei pescatori imprudenti, che non si erano accorti che era cambiato il vento, Gesù corre verso di loro non con un motoscafo o una motovedetta della Capitaneria di Porto o dei Carabinieri o della Finanza, Polizia o agenti del Mare, non con mezzi di soccorso navale che allora neppure esistevano, si dirige personalmente verso di loro facendo la cosa più normale per lui, quella di camminare sulle acque come se stesse camminando sull’asciutto.
E’ evidente, che vedere una persona camminare sulle acque si pensi che sia un’illusione ottica, un miraggio oppure una visione di un fantasma.
Gli apostoli non riescono, fino a quel momento, ad aprirsi alla novità assoluta di Cristo. Eppure avevano assistito a tanti segni e miracoli e dentro di loro non ancora era scattata quella fede necessaria per capire chi era quel giovane maestro.
E Gesù tiene a sottolinearlo nel suo confronto dialogico proprio a Pietro, quando gli fa osservare che ha dubitato e non ha pensato minimamente che quanto comandato da Gesù potesse davvero succedere: camminare sulle acque ed avere la fede per riuscire in questo tentativo di superamento delle leggi fisiche.
Gesù chiede a Pietro un atto di fiducia e di totale abbandono alla sua parola e alla sua volontà. Invece Pietro ha paura, incomincia a sprofondare nelle acque, forse non sapeva neppure nuotare, ma con quella tempesta di vento in atto sul mare di Galilea anche il più esperto nuotatore avrebbe avuto paura e rischiato la vita.
A questo punto Gesù gli tende una mano e lo tira fuori dal pericolo e facendolo camminare con lui sulle acque, salgono insieme sulla barca, dove tutto si tranquillizza. Infatti racconta l’evangelista Matteo che appena salirono sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!». Con la calma e nella calma è facile ringraziare e riconoscere l’autorità vera di Cristo e fare la giusta professione di fede in Lui.

Tanti sono gli aspetti dottrinali e pastorali che propone questo brano del vangelo che come tutti gli altri è di insegnamento e di discernimento sul nostro livello di adesione alla fede in Cristo e alla comunione ecclesiale.
Una verifica va fatta, oggi davanti a tante sfide che ci interpellano e alle quali non siamo in grado di rispondere con la sola forza della ragione e dell’intelligenza.
Abbiamo bisogno del soccorso divino e tale soccorso ha un solo nome: fiducia totale in Dio, senza se e senza ma, senza mai mettere minimamente in discussione quello che il Signore ha fatto e continua a fare per noi.
Questa è la vita di ogni cristiano, questa è la vita di quanti hanno fede in Dio e che sanno benissimo che tra le tempeste della vita c’è sempre una mano tesa di Dio verso noi poveri mortali, illusi come siamo di potere fare di tutto e di più. E’ bastato un semplice virus per mettere in crisi le nostre sicurezze e certezze di ogni genere, senza parlare delle grandi paure ed angosce che attanagliano l’esistenza umana, anche in questi secoli di crescente ed illimitato sviluppo verso il più perfetto tecnologicamente, ma non umanamente.
Ci serva da lezione quello che Gesù rimprovera a Pietro mentre sta affondando nelle acque profonde di quel suo mare che ben conosce e che lo ha ingannato: uomo di poca fede, perché hai dubitato?
Dubitare è legittimo se tende alla verità, ma se poi chiediamo aiuto per capire ed essere guariti dalle nostre apparenti sicurezze e in tal caso Dio interviene nei suoi modi, perché non affidarsi, confidarsi e fidarsi totalmente di Lui.
C’è un limite dentro di noi, quello di ritenersi comunque capaci, abiliti, imperituri, senza considerare che non siamo nulla, ma Dio è davvero il tutto. Ricordiamo quello che ha detto Gesù a Pietro “uomo di poca fede”. Per non essere di poca ma molta fede è necessario convertirsi alla fiducia in Cristo e saremo davvero felici di vivere con Lui, per Lui e di Lui.

Ci sia di esempio anche quello che sperimenta i profeta Elia nel brano della prima lettura di questa domenica che mostra un profea totalmnete disponibile ad ascoltare la voce di Dio. Giunto al monte di Dio, l’Oreb, Elia entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Esci e fèrmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna”. Elia riconosce la presenza di Dio una brezza leggera, quel soffio della vicinanza e della grazia di Dio che porta pace e serenità e non drammi e tragedia, paure ed angosce, terrore e confusione. Dio è solo pace ed amore.

Lo stesso apostolo Paolo nel brano della seconda lettura di oggi tratta dalla sua lettera ai Romani fa un’attenta analisi della sua vita e della sua condizione attuale di convertito: “Dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen”. Questa ostilità verso Cristo che ancora riscontra nei suoi vecchi amici in religione lo fa soffrire, vorrebbe fare di più per far capire il grande mistero di salvezza, di amore e di redenzione operata da Cristo nel mistero della Pasqua. Ecco perché si rammarica di questa scarsa risposta che doveva arrivare proprio dall’ambiente più propenso e preparato ad accogliere l’atteso Messia e Salvatore. Cosa che non si è verificato e non ancora si è realizzato.

Con questa mia preghiera vogliamo concludere la riflessione di questa XIX domenica del tempo ordinario al cui centro c’è il dono della fede fiduciale e totale in Dio.
Signore salvaci
quando le acque della tempesta
della nostra vita terrena si agitano
e noi corriamo il rischio di affogare.
Tu, allora, tendi la tua mano
e tiraci fuori dai nostri guai.
Siamo uomini e donne di poca fede
e oggi come allora
su quella barca in balia delle onde
non decolla più la fede e la speranza in Te.
Siamo smarriti, anche di fronte a questo virus
che ha seminato in noi l’angoscia per il nostro futuro.
Anche come Chiesa siamo afflitti
dalla stessa paura di Pietro e degli Apostoli
di morire affogati nelle tante tempeste
che agitano i nostri tempi.
E noi rimasti soli,
senza alcun conforto ed aiuto dalla Natura,
ci siamo affidati completamente a Te
per salvare la nostra vita.
E nonostante la tua visibile
e concreta presenza
come gli apostoli, noi cristiani di oggi
siamo incapaci di riconoscerti
mentre cammini incontro a noi
sulle acque agitate di questo mondo.
Solo quando sei salito sulla nostra barca
Tu ci hai assicurato che nessuna forza naturale
può opporsi al potere del Figlio di Dio
venuto sulla terra per salvare il mondo intero.
Quanto è difficile Gesù riconoscerti vicino
nei momenti tempestosi della nostra vita.
Tu dacci lumi e sapienza perché, soprattutto allora,
noi possiamo chiederti aiuto
e affidarci totalmente a Te,
Signore della vita
che salvi e sazi ogni vivente
di questa terra. Amen.

Padre Antonio Rungi