XVIII Domenica del Tempo Ordinario

Gesù ha appena compiuto il “segno” al quale tiene di più, il pane condiviso, ed è poi quello più frainteso, il meno capito. La gente infatti lo cerca, lo raggiunge e vorrebbe accaparrarselo come garanzia contro ogni fame futura. Ma il Vangelo di Gesù non fornisce pane, bensì lievito mite e possente al cuore della storia, per farla scorrere verso l’alto, verso la vita indistruttibile. Davanti a loro Gesù annuncia la sua pretesa, assoluta: come ho saziato per un giorno la vostra fame, così posso colmare le profondità della vostra vita! E loro non ce la fanno a seguirlo.

Come loro anch’io, che sono creatura di terra, preferisco il pane, mi fa vivere, lo sento in bocca, lo gusto, lo inghiotto, è così concreto e immediato. Dio e l’eternità restano idee sfuggenti, vaghe, poco più che un fumo di parole. E non li giudico, quelli di Cafarnao, non mi sento superiore a loro: c’è così tanta fame sulla terra che per molti Dio non può che avere la forma di un pane. Inizia allora un’incomprensione di fondo, un dialogo su due piani diversi: Qual è l’opera di Dio? E Gesù risponde disegnando davanti a loro il volto amico di Dio: Come un tempo vi ha dato la manna, così oggi ancora Dio dà. Due parole semplicissime eppure chiave di volta della rivelazione biblica: nutrire la vita è l’opera di Dio. Dio non domanda, Dio dà. Non pretende, offre. Dio non esige nulla, dona tutto. Ma che cosa di preciso dà il Dio di Gesù? Niente fra le cose o i beni di consumo: «Egli non può dare nulla di meno di se stesso. Ma dandoci se stesso ci dà tutto» (Caterina da Siena).

Siamo davanti a uno dei vertici del Vangelo, a uno dei nomi più belli del Signore: Egli è, nella vita, datore di vita. Il dono di Dio è Dio che si dona. Uno dei nomi più belli di Gesù: Io sono il pane della vita. Dalle sue mani la vita fluisce illimitata e inarrestabile. Pietro lo confermerà poco più avanti: «Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole che fanno viva la vita». Che danno vita a spirito, mente, cuore, agli occhi e alle mani. L’opera di Dio è una calda corrente d’amore che entra e fa fiorire le radici di ogni essere umano. Perché diventi, come Lui, nella vita donatore di vita. Questa è l’opera di Dio, credere in colui che Egli ha mandato. Al cuore della fede sta la tenace, dolcissima fiducia che l’opera di Dio è Gesù: volto alto e luminoso dell’umano, libero come nessuno, guaritore del disamore, che ti incalza a diventare il meglio di ciò che puoi diventare. Nessun aspetto minaccioso in lui, ma solo le due ali aperte di una chioccia che protegge e custodisce i suoi pulcini (Lc 13,34), e li fa crescere con tenerezza combattiva, contro tutto ciò che fa male alla vita.

Padre Ermes Ronchi