Commento al Vangelo della Domenica V di Quaresima 13 Marzo

Una trappola ben congegnata, per porre Gesù o contro Dio o contro l’uomo. Gli scribi e i fa­risei gli condussero una donna… la pose­ro in mezzo.

Donna senza nome, che per scribi e farisei non è una persona, è una co­sa, che si prende, si porta, si conduce, si pone di qua o di là, dove a loro va bene. Che si può mettere a morte. U­na donna su cui gli uomini possono fare la massima delle violenze, com­piuta per di più dagli uomini del sa­cro, legittimata da un Dio terribile e oscuro, amante non della vita ma del­la morte. Una donna ferita nella per­sona, nella sua dignità, nella sua gran­dezza e inviolabilità. Contro la qua­le i difensori di Dio commettono un peccato più grave del peccato che vo­gliono punire.

Gesù si chinò e scriveva col dito per ter­ra… Davanti a quella donna Gesù chi­na gli occhi a terra, come preso da un pudore santo davanti al mistero di lei. Gli fa male vederlo calpestato in quel modo.

«Chi di voi è senza peccato getti per pri­mo la pietra contro di lei» .Gesù butta al­l’aria tutto il vecchio ordinamento con una battuta sola, con parole taglienti e così vere che nessuno può ribattere.

Nessuno ti ha condannata? Neanch’io ti condanno. Ecco la giustizia di Dio: non quella degli uomini ma quella di Ge­sù, il giusto che giustifica, il santo che rende giusti, venuto a portare non la resa dei conti ma una rivoluzione ra­dicale dei rapporti tra Dio e uomo, e di conseguenza tra uomo e uomo. A raccontare di una mano, di un cuore amorevole che ci prende in braccio e, per la prima volta, ci ama per quello che siamo, perdonando ogni errore, sciogliendo ogni ferita, ogni dolore. Più avanti compirà qualcosa di ancor più radicale: metterà se stesso al posto di quella donna, al posto di tutti i con­dannati, di tutti i colpevoli, e si lascerà uccidere da quel potere ritenuto di o­rigine divina, spezzando così la cate­na malefica là dove essa ha origine, in una terribile, terribilmente sbagliata i­dea di Dio.

Va e d’ora in poi non peccare più: ciò che sta dietro non importa, importa il be­ne possibile domani. Tante persone vi­vono come in un ergastolo interiore. Schiacciate da sensi di colpa, da erro­ri passati, e abortiscono l’immagine divina che preme in loro per crescere e venire alla luce. Gesù apre le porte delle nostre prigioni, smonta i pati­boli su cui spesso trasciniamo noi stes­si e gli altri. Sa bene che solo uomini e donne liberati e perdonati possono dare ai fratelli libertà e perdono.

Va’, muoviti da qui, vai verso il nuovo, e porta lo stesso amore, lo stesso per­dono, a chiunque incontri. Il perdono è il solo dono che non ci farà più vit­time e non farà più vittime, né fuori né dentro noi.

Padre Ermes Ronchi