Imu e Tasi: Il 16 Dicembre scade il saldo 2015

Manca un mese esatto – per dirla alla Renzi – al “funeral party” di Imu e Tasi.

Il 16 dicembre, infatti, i possessori di abitazioni principali, seconde case, negozi, uffici, capannoni e terreni saranno tutti chiamati, chi per una tassa o chi per entrambe, a versare il saldo definitivo dell’anno 2015. E dopo cosa accadrà? A grandi linee già lo sappiamo: la Tasi scomparirà del tutto sulle abitazioni principali, mentre l’Imu continuerà ad essere applicata su quelle di lusso.

Tutto invece resterà immutato sulle seconde e terze case, soggette cioè sia all’Imu che alla Tasi, visto che la Legge di Stabilità 2016 non ha introdotto quella “fusione” che ci si aspettava delle due imposte in un unico tributo denominato “Local Tax”.

Ad ogni modo per il momento contentiamoci di chiarire alcuni aspetti fondamentali ai fini del saldo sull’anno 2015.

La rata potrebbe infatti nascondere delle insidie, soprattutto per quanto concerne il versamento dell’Imu. Insidie, comunque, che possono essere aggirate più o meno agevolmente andando a verificare sul sito del Dipartimento delle Finanze le delibere definitive, contenenti le aliquote 2015. In alcuni casi il prelievo potrebbe essere rimasto lo stesso del 2014, e ciò comporterebbe il semplice versamento del restante 50% dell’imposta secondo i calcoli già elaborarti a giugno per la rata d’acconto.

In molti altri casi, invece, le aliquote potrebbero essere state modificate al rialzo o al ribasso in funzione della Tasi, coinquilina dell’Imu, con la quale sono state decise determinate soglie di prelievo non valicabili.

Per semplificare il concetto è sufficiente dire che un controllo sul sito del Mef va comunque fatto. Una volta raggiunta la pagina del proprio Comune, se per il 2015 non vi si trovano delibere Imu, vuol dire che le aliquote sono rimaste invariate rispetto allo scorso anno, e quindi sono le stesse di giugno. Se invece la delibera c’è (e potrebbe anche essere un documento unico comprendente Imu, Tasi e Tari, o le sole Imu-Tasi), qualche domanda bisogna iniziare a porsela. È pur vero che la pubblicazione della delibera Imu/Tasi 2015 non necessariamente comporta un cambio d’aliquota rispetto al 2014: il Comune, infatti, potrebbe aver inviato una delibera-fotocopia con aliquote identiche, di conseguenza l’unico modo per accertarsene è aprire il file e leggersi l’atto. Ipotizziamo invece che le aliquote siano effettivamente cambiate. Le ragioni della modifica possono essere molteplici: la Tasi ad esempio potrebbe aver raggiunto soglie tali da rendere necessario l’abbassamento dell’Imu, oppure il Comune potrebbe aver semplicemente deciso di agevolare determinate categorie di immobili o al contrario rincarare il prelievo Imu perché i margini Tasi lo permettevano.

Nel concreto, quindi, sarà necessario ricalcolare tutta l’imposta annua secondo la nuova aliquota – rapportandola cioè a tutto il periodo di possesso – e sottrarre poi dal valore ottenuto l’importo già pagato in acconto. Se ad esempio a giugno l’aliquota era pari al 7,6 per mille, mentre per il saldo il Comune ha scelto di innalzarla all’8,6 per mille, si dovrà calcolare nuovamente l’imposta annua, stavolta con l’aliquota dell’8,6 per mille, sottraendovi il 50% versato a giugno in funzione del 7,6 per mille. Nei casi, invece, dove il versamento dell’Imu è avvenuto in un’unica soluzione già a giugno, quindi senza lo spezzettamento in due rate, il cambio d’aliquota comporterà o l’ulteriore versamento della differenza (in caso di aliquota maggiorata), oppure un rimborso da parte del Comune se l’aliquota nel frattempo è calata, fermo restando che dovrà essere comunque il cittadino a richiederlo.

Il sistema di calcolo è quello ormai noto: rivalutazione della rendita catastale del 5% (25% per i terreni), applicazione del moltiplicatore e infine applicazione dell’aliquota. I moltiplicatori di riferimento sono i seguenti:

  • 160 (immobili nel gruppo A tranne categoria A10 + immobili C2 C6 e C7)
  • 140 (immobili nel gruppo B + immobili C3 C4 e C5)
  • 80 (immobili in A10 e D5)
  • 65 (immobili nel gruppo D)
  • 55 (immobili in C1)
  • 135 (terreni agricoli in linea generale)
  • 75 (terreni agricoli – anche se non coltivati – posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola).

Vanno poi ricordate le categorie di immobili che pur non essendo, tecnicamente, abitazioni principali, godono comunque dell’assimilazione, e di conseguenza dell’esenzione dall’Imu. Le assimilazioni, però, non sono tutte uguali. Alcune infatti sono previste dalla legge dello Stato, e per questo sono applicate a prescindere dalla volontà dei Comuni, altre invece dipendono direttamente dai Comuni.

Sono quindi equiparati per legge ad abitazione principale:

  • le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari;
  • i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali ex DM 22.4.2008;
  • la casa coniugale assegnata all’ex coniuge a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio;
  • l’unico immobile, iscritto o iscrivibile in Catasto come unica unità immobiliare, non concesso in locazione, posseduto dal personale delle Forze armate, Forze di polizia, Corpo nazionale dei vigili del fuoco e carriera prefettizia.


Possono invece essere equiparati, con delibera comunale, ad abitazione principale:

  • una sola unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o usufrutto da anziani o disabili residenti in istituti di ricovero o sanitari, purché non locata;
  • una sola unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata o data in comodato d’uso;
  • una sola unità immobiliare concessa in comodato a “parenti in linea retta, entro il primo grado” (genitori – figli) che la utilizzano come “abitazione principale”, prevedendo che l’agevolazione operi o limitatamente alla quota di rendita risultante in catasto non eccedente il valore di Euro 500,00 oppure nel solo caso in cui il comodatario appartenga a un nucleo familiare con ISEE non superiore a 15.000,00 Euro annui.

 

A cura di Caf Acli